Giosué Bombardini, antifascista comunista e partigiano, muore in rocca per le sevizie subite

Giosué Bombardini, antifascista comunista e partigiano, muore in rocca per le sevizie subite

La stasi invernale dell’avanzata degli eserciti alleati, il rigido inverno ed i continui rastrellamenti costringono molti partigiani, malgrado l’aiuto delle popolazioni locali, a scendere dai monti ed a cercare riparo nelle città. Così, sul finire del 1944 e l’inizio del 1945 i fascisti imolesi, grazie a liste in loro possesso e all’azione di delatori, riescono ad effettuare una serie di arresti di oppositori e membri del movimento partigiano.

La sera del 27 gennaio 1945 i brigatisti neri di Imola circondano l’abitazione di Giosué Bombardini, in via Croce Coperta, e bussano violentemente alla sua porta. Giosué è nella loro lista. Nato il 21 aprile 1899 a Borgo Tossignano, da Raffaele Domenico e Maddalena Fazzini, licenza elementare, ebanista, Bombardini è un antifascista conosciuto.

Durante gli anni del regime, infatti, è già stato arrestato con altri 275 imolesi quando era stata scoperta la rete clandestina del Partito comunista di Imola. Degli antifascisti arrestati, 19 erano stati poi rinviati al Tribunale speciale, mentre gli altri 257, tra cui Bombardini stesso, erano stati prosciolti con un «non luogo a procedere» perché le prove a loro carico erano limitate agli anni antecedenti le «leggi fascistissime» emanate tra il 1925 e il 1926.

Nel 1944 Bombadini era poi entrato a far parte della 36ª Brigata Garibaldi, la formazione partigiana operante sulle montagne dell’Appennino imolese, partecipando nel settembre di quell’anno all’occupazione di Tossignano, nella valle del Santerno, posizione strategica sulla direttrice di Imola poi abbandonata a causa della forte pressione esercitata dalle forze tedesche, molto superiori in numero e armamento.

Ma l’arrivo dell’inverno e la crescente repressione dei nazifascisti avevano reso insostenibile la permanenza lassù. Così Giosuè era riparato in città. Dove, però, qualcuno evidentemente l’aveva riconosciuto e denunciato se ora i brigatisti neri erano lì a bussare alla porta di casa sua.

Scoperto e arrestato, viene portato nella rocca sforzesca, allora adibita a prigione, dove gli sgherri neri, agli ordini dello spietato Federico Ravaioli, lo sottopongono a pestaggi prolungati ed a sevizie inenarrabili, che lo portano rapidamente alla morte. Il corpo di Giosué viene sepolto in segreto nel cimitero di Imola ed i suoi familiari, tenuti all’oscuro, per alcuni giorni, credendolo vivo, continueranno a mandargli cibo in carcere.

GIOSUÉ BOMBARDINI

Nato il 21 aprile 1899 a Borgo Tossignano, da Raffaele Domenico e Maddalena Fazzini. licenza elementare, ebanista, Giosué Bombardini era un antifascista conosciuto. Durante gli anni del regime, infatti, era già stato arrestato con l’accusa di ricostituzione del disciolto Partito comunista, ma poi prosciolto perché le prove a suo erano limitate agli anni antecedenti le leggi eccezionali.

Arrestato la sera del 27 gennaio 1945, venne portato nella rocca sforzesca di Imola, allora adibita a carcere, dove gli sgherri neri, agli ordini dello spietato Federico Ravaioli, lo sottoposero a pestaggi prolungati ed a sevizie inenarrabili. Il cuore non resse. Riconosciuto partigiano dal 6 aprile 1944 al 28 gennaio 1945, giorno della sua morte.

SACRARIO DI PIAZZA NETTUNO

Giosué Bombardini è ricordato nel memoriale dedicato ai partigiani di Bologna e provincia che hanno sacrificato la loro vita durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo. Il sacrario, composto da tre grandi cornici contenenti più di duemila formelle in vetroceramica, è collocato sulla parete di palazzo d’Accursio, sede del Comune di Bologna, che affaccia su piazza del Nettuno, sul fronte della biblioteca Salaborsa. Ciascuna delle formelle riporta il nome di un partigiano caduto, il più delle volte accompagnato dalla fotografia.

I tre riquadri, inframezzati dalle finestre del palazzo comunale, sono raccordati dalla seguente scritta in bronzo posta superiormente: «Bologna 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945 / Caduti della Resistenza per la libertà e la giustizia, per l’onore e l’indipendenza della Patria».

MONUMENTO AL PARTIGIANO

L’Anpi di Imola fin dal 1945 decise la realizzazione di un monumento commemorativo della Resistenza, per ricordare i tanti partigiani imolesi morti per la Libertà. Monumento che venne finanziato tramite una sottoscrizione popolare.

Della sua ideazione fu incaricato lo scultore Angelo Biancini, che realizzò una statua in bronzo, con disposte attorno quattro lastre di marmo riportanti i nomi dei 107 caduti imolesi nella lotta di Liberazione. L’opera venne inaugurata nel 1946.

Nella foto: la lastra di marmo ove è scritto il nome di Giosué Bombardini, una delle quattro lastre che fanno parte del monumento al Partigiano posto in piazzale Leonardo da Vinci, ad Imola.

SACRARIO DEL PIRATELLO

Riconosciuto partigiano dal 6 aprile 1944 al 28 gennaio 1945, giorno della sua morte, il corpo di Giosué Bombardini è oggi tumulato nel sacrario ove riposano i «Caduti della Resistenza», nel cimitero imolese di Piratello. Nella foto: la tomba del sacrario ove è tumulata la salma di Giosué Bombardini.

LA ROCCA LUOGO DI TORTURA

L’antica rocca sforzesca di Imola nella sua lunga storia è stata anche carcere mandamentale. Durante il secondo conflitto mondiale, ed in particolare dopo l’8 settembre del 1943 e fino alla liberazione della città, le sue celle sono state utilizzate per incarcerare gli oppositori politici e come luogo di tortura.

Per molti patrioti le celle della rocca furono solo una tappa intermedia in percorso di martirio e di morte, perché poi, dopo le botte e le torture loro inflitte sadicamente dagli aguzzini nazifascisti, furono avviati «a fine atroce» in altri luoghi. Ma per cinque di essi, ricordati da una lapide, la rocca sforzesca fu anche il luogo della loro morte.

«Quei luoghi e quelle urla – racconterà un sopravvissuto – mi hanno condizionato la vita. Quei compagni morti atrocemente mai più li dimenticherò. Non so se ora avrei più la forza di passare quello che ho passato, perché mi è rimasta addosso la paura. Mi misero fuori due giorni prima della liberazione, dopo trentaquattro giorni di carcere. Negli ultimi giorni erano molto arrabbiati e intensificarono le torture ai ragazzi. Commisero delle atrocità da non potersi descrivere».

LAPIDI ROCCA SFORZESCA

Nel cortile interno della rocca sforzesca, subito dopo l’ingresso, una lapide ricorda ai visitatori che lì, in quel luogo, «278 uomini e donne per mani nazifasciste subirono persecuzioni e torture o furono avviati a fine atroce» .

A fianco della prima, c’è poi una seconda lapide con su scritti i nomi dei partigiani che sono morti nella rocca stessa a seguito delle torture subite dagli aguzzini nazifascisti e la data del loro decesso. Tra questi, c’è anche il nome di Giosué Bombardini.

CIPPO LAVORATORI COGNE

Il suo nome compare anche nel cippo dedicato ai lavoratori antifascisti della Cogne, posto ad Imola nell’area verde pubblica che costeggia via Serraglio, all’angolo con via Cogne e prossima al parcheggio di piazzale Sandro Pertini. Area occupata in passato proprio dal vecchio stabilimento della Cogne.

La lastra a est porta l’elenco dei lavoratori della Cogne «Caduti nella guerra di Liberazione». Ecco i nomi incisi nel marmo: Bartolini Alfredo, Berti Rinaldo, Betti Paolo, Billi Leo, Bombardini Giosuè, Calamelli Luciano, Cavina Anacleto, Franchini Franco, Galassi Aldo, Gardelli Luciano, Gardelli Otello, Giovannini Ercole, Gollini Wladimiro, Landi Oliano, Liverani Rino, Morini Giuseppe, Nardi Giovanni, Poggiali Nerio, Pomoni Giancarlo, Ruscello Armando, Sportelli Domenico, Sentimenti Angiolino, Tampieri Walter, Villa Massimo, Voi Angelo, Zotti Vittorio.