Manifestare, esprimere il proprio pensiero, battersi per le proprie idee sono tutti diritti garantiti dalla nostra Costituzione

Manifestare, esprimere il proprio pensiero, battersi per le proprie idee sono tutti diritti garantiti dalla nostra Costituzione

La celebrazione dell’anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, meglio nota come festa della Liberazione, è una festa nazionale della Repubblica italiana.

Festa che, dalla fine della guerra, si celebra ogni 25 aprile – oggi è il 79° anniversario – per commemorare l’avvenuta liberazione dell’Italia dall’oppressione fascista e dall’occupazione militare nazista, a coronamento della guerra condotta dagli eserciti alleati e dal rinnovato esercito italiano e della lotta armata portata avanti dalla Resistenza italiana a partire dal 1943.

Ho iniziato questo mio intervento citando la definizione della festa odierna perché sempre più spesso, col passare degli anni, sentiamo e vediamo scritto «Festa della Liberazione» e basta. Voi direte: «Vabbé, che problema c’è? Lo sappiamo che festa è».

Noi, che oggi siamo qui riuniti in questa pubblica piazza, sicuramente lo sappiamo, perché abbiamo memoria e consapevolezza del passato. Ma siamo sicuri che sia così per tutti? Forse c’è chi – restando a letto stamattina perché tanto non si va a lavorare, né ci sono i figli da portare a scuola – pensa «La liberazione di chi?». E soprattutto, «Liberazione da chi?».

Invece è importante, anzi è fondamentale ricordare chi si è liberato e da chi ci si è liberati.

Il popolo italiano, durante la seconda guerra mondiale, si è liberato dall’oppressione ventennale del regime fascista e dalla feroce occupazione militare nazista. E a seguito della vittoria della libertà contro l’oppressione, della vittoria del pluralismo contro la dittatura, a guerra finita l’Italia è poi diventata – con un referendum a suffragio universale dove i cittadini hanno scelto, votando, tra Monarchia e Repubblica – l’Italia è poi diventata una democrazia.

E’ diventata una Repubblica democratica che ha come proprio faro la Carta costituzionale, ovvero la legge fondamentale dello Stato italiano. Una Repubblica democratica che si regge sulla separazione dei poteri: ovvero il potere legislativo esercitato dal Parlamento, il potere esecutivo esercitato da Governo e Pubblica amministrazione e il potere giudiziario esercitato in maniera indipendente dalla Magistratura.

Una separazione di poteri pensata dai padri costituenti per garantire il rispetto della legalità ed abbattere eventuali distorsioni democratiche dovute ad abusi di potere.

E’ importante ribadirlo in un momento storico dove tutto ciò viene messo pesantemente in discussione.

«Mai come in questo tornante della storia dell’umanità – ha detto in un suo discorso il presidente Mattarella – il confine tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia, tra vero e falso, dipende dalle nostre scelte. Dalla nostra capacità di leggere il cambiamento in atto per orientarlo. E farlo con la guida dei principi irrinunciabili della nostra civiltà. Nulla può essere dato per scontato. La pace innanzitutto. Ma anche la democrazia, i valori su cui si fonda. A cominciare dall’idea di libertà».

E’ importante ribadirlo in un momento storico dove invece il potere politico in Italia mira ad attuare una riforma costituzionale – il premierato – che scardinerà gli equilibri tra i poteri dello Stato su cui si è sin qui retta la Repubblica democratica nata dalla Resistenza, ridimensionando la figura del presidente della Repubblica, che i padri costituenti hanno voluto porre come garante istituzionale, con grave rischio per la democrazia ed il pluralismo.

Questa giornata di festa non solo ci ricorda da dove veniamo, ma ci indica la strada da percorrere verso il pieno compimento della Costituzione. Rappresenta il punto di riferimento imprescindibile per chiunque abbia a cuore la democrazia e abbia responsabilità di governo a qualunque livello. Al punto che si giura sulla Costituzione.

E’ vero, non è scritta da nessuna parte la frase «la Costituzione è antifascista perché nata dalla Resistenza», non ce n’è stato bisogno. I nostri padri e le nostre madri costituenti, che si sono formati nell’antifascismo, in carcere, in esilio e al confino, hanno espresso questi concetti in modo cristallino in ogni, riga ribadendoli in ogni articolo.

Gli italiani, 79 anni fa, hanno riacquistato la libertà di esprimere il proprio pensiero, di manifestare, di protestare. Manifestare, esprimere il proprio pensiero, battersi per le proprie idee sono tutti diritti garantiti dalla nostra Costituzione. Ma oggi stiamo assistendo alla sistematica erosione di tutto ciò.

Sono state messe in discussione la libertà di sciopero e di manifestazione. Vengono sistematicamente messe in discussione la libertà di parola – con le querele – e il libero esercizio dell’attività giornalistica, come accaduto a più riprese nella Tv di Stato, tanto da costringere i giornalisti allo sciopero.

E stata messa sotto attacco la magistratura. I pesanti tagli ai finanziamenti della Sanità pubblica hanno messo in discussione il diritto dei cittadini a curarsi. Le donne, in caso di necessità d’aborto, vedono ulteriormente compromessa la possibilità di ricorrere, in piena libertà e senza condizionamenti esterni, ai pochi consultori pubblici ancora funzionanti.

Ogni giorno assistiamo ad attacchi a libertà e diritti esistenti o alla negazione dell’estensione di libertà e diritti. Come il diritto a divenire cittadino italiano per chi arriva nel nostro Paese, al di là del colore della sua pelle. A scegliere il proprio fine-vita in caso di malattie irreversibili e che procurano sofferenze atroci. Le unioni civili.

Questi sono solo alcuni esempi. Possono essere temi che magari al momento non ci riguardano o che comunque non ci riguarderanno mai. Ma non per questo dobbiamo permettere che questi diritti vengano negati, perché c’è chi ne ha bisogno. Il fatto che non ci interessino o non ci riguardino personalmente non vuol dire che non siano importanti per altri. E potrebbe avvenire che un giorno noi stessi ne abbiamo bisogno.

Dalla nostra parte abbiamo però un’arma fondamentale: il voto. Esprimere liberamente il proprio voto è un diritto fondamentale, pagato a caro prezzo da chi, salito in montagna, sognava e progettava un mondo migliore e più giusto: usiamo quindi il voto, e usiamolo bene.

Sì perché il voto resta l’arma più potente per arrivare alla piena applicazione della Costituzione e dei grandi valori che stanno alla base della democrazia e della convivenza civile: libertà, equità e giustizia sociale, fratellanza, convivenza, riconoscimento delle differenze e delle pari opportunità, diritti umani, sociali e civili, la pace.

E’ quindi importante che chi si dichiara antifascista eserciti questo diritto/dovere andando a votare. Che nessun voto vada disperso o sprecato! Ogni voto è importante: il nostro voto, quello dei familiari, degli amici, di tutti.

Viviamo tempi duri e difficili, segnati da tragedie, scanditi da sofferenze tanto inaudite quanto inaccettabili per un mondo che si ostina a definirsi civile. Sulle spalle dei nostri giovani e delle nostre ragazze grava il peso di un futuro incerto. C’è un disperato bisogno che parole come pace, democrazia, diplomazia, relazioni tornino ad avere tutto il peso che meritano. Non dobbiamo stancarci mai di batterci per la pace, per porre fine alle tragedie epocali che scandiscono la cronaca dei nostri giorni.

L’Anpi, che resiste da 80 anni, può definirsi a pieno titolo un argine contro il fascismo, contro chi vuole snaturare la Costituzione invece di applicarla. E’ con orgoglio che possiamo dire di esser riusciti a non tradire il mandato che ci è stato dato dai nostri cari partigiani e dalle nostre care partigiane che durante la guerra si impegnarono e diedero la vita per far sì che ci liberassimo dell’oppressione nazifascista. Consci che oggi spetta a noi impegnarci per mantenere la democrazia e la libertà.

Prima di chiudere questo mio intervento, informo che oggi, 25 Aprile 2024, Festa della Liberazione dal nazifascismo, la Cgil ha iniziato in tutta Italia la raccolta delle firme a sostegno di 4 quesiti referendari.

Quattro domande per ridurre la precarietà e garantire più sicurezza negli appalti. Quattro proposte per smontare alcune delle leggi che hanno portato a un mondo del lavoro selvaggio e pieno di precarietà.

L’obiettivo è raccogliere entro l’estate le almeno 500 mila firme necessarie per andare poi al voto nella primavera dell’anno prossimo.

Buon 25 aprile e viva la Resistenza!

Katia Regelli

Fontanelice, 25 aprile 2024