Enea Landini, sopravvissuto alla guerra in Spagna, fucilato dai tedeschi in Belgio

Enea Landini, sopravvissuto alla guerra in Spagna, fucilato dai tedeschi in Belgio

Enea Landini, da Antonio e Celesta Emiliani, nasce il 27 luglio 1900 a Imola. Fornaciaio, aderisce al Partito comunista sin dalla sua fondazione, nel 1921. Espatria in Francia nel 1924, ove svolge attività antifascista a Parigi. Rientrato in Italia, viene arrestato nell’autunno del 1926 a seguito della scoperta dell’organizzazione comunista imolese. Ma, con sentenza del 13 giugno 1927, viene prosciolto per non luogo a procedere.

Nell’ottobre del 1936 entra in Spagna per partecipare alla difesa della legittima Repubblica contro i rivoltosi nazionalisti. Alla fine del 1936 è sergente mitragliere della 1ª compagnia del battaglione italo-spagnolo Garibaldi costituitosi il 14 ottobre. Promosso tenente per meriti di guerra, passa alla 2ª compagnia. Il successivo 3 novembre il battaglione Garibaldi entra a far parte della XII Brigata internazionale e Landini viene inquadrato nella 3ª compagnia del 2° battaglione.

Nella prima fase della guerra combatte a Cerro de los Angeles (13 novembre 1936), a Casa de Campo e a Pozuelo, sul fronte di Madrid (dal 18 al 26 novembre 1936), a Boadilla del Monte (dal 20 al 23 dicembre 1936), a Mirabueno (dal 31 dicembre al 7 gennaio 1937) ed a Majadahonda (dal 10 al 26 gennaio 1937). Il 12 febbraio 1937 viene ferito ad Arganda, durante la battaglia del Jarama.

La battaglia del Jarama è uno degli episodi più cruenti e sanguinosi della guerra civile spagnola. Nel novembre del 1936 le forze nazionaliste avevano fallito il tentativo di far capitolare la capitale Madrid con un assalto diretto. Allora i comandanti franchisti avevano deciso di accerchiare la città, per isolarla completamente dalle circostanti regioni spagnole in mano alle forze repubblicane.

Il piano approntato prevedeva un attacco combinato delle forze nazionaliste e del contingente italiano di stanza a Guadalajara. L’attacco principale doveva essere sferrato verso la fascia sud-orientale di Madrid, comprendente i popolosi municipi di Arganda del Rey, Rivas Vaciamadrid, Morata de Tajuña, Ciempozuelos, Seseña, San Martín de la Vega.

In particolare i combattimenti si svilupperanno lungo le rive del fiume Jarama, che proprio in questa zona riceve le acque del Manzanarre, il fiume della capitale. Il piano d’attacco nazionalista ne prevedeva infatti l’attraversamento e l’avanzata in direzione sud-est, con l’obiettivo di conquistare il controllo della strada che collega Madrid a Valencia, operazione tesa a tagliare le linee repubblicane di rifornimento alla capitale.

In contemporanea la capitale della Repubblica doveva essere investita da una seconda offensiva portata da tre divisioni italiane di stanza a nord di Guadalajara. Ma a causa di disaccordi con il comando delle forze fasciste italiane tale quest’ultima offensiva avrà luogo soltanto ad inizio marzo, quando la battaglia del Jarama si sarà ormai esaurita, il che permetterà alla Repubblica di spostare le proprie forze sul nuovo fronte di Alcarreño.

La battaglia del Jarama inizia il 6 febbraio 1937 quando l’esercito nazionalista (rafforzato peraltro da battaglioni motorizzati di camicie nere italiane inviati in Spagna da Mussolini e da due battaglioni di mitragliatrici pesanti, batterie di cannoni, un corpo di carri armati e aerei della Legione Condor tedesca inviati da Hitler) attacca di sorpresa le posizioni difensive repubblicane, cogliendole impreparate.

Già il 7 febbraio i nazionalisti raggiungono la confluenza tra il Manzanarre e il Jarama, mettendo la strada Madrid-Valencia sotto il tiro dei propri cannoni piazzati sulle vette strategiche dell’Espolón de Vaciamadrid. L’8 febbraio l’intera sponda ovest dello Jarama è già nelle mani delle forze nazionaliste, mentre il contingente repubblicano si riorganizza sulla sponda opposta. L’11 febbraio un contingente di regulares marocchini guada il fiume vicino al ponte ferroviario di Pindoque, a Vaciamadrid, mentre la cavalleria nazionalista carica attraverso il ponte, rimasto in piedi nonostante le cariche esplosive fatte brillare dai repubblicani in ritirata. Il contingente franchista può così attraversare lo Jarama in forze.

Ad ogni modo i repubblicani restano ancora saldamente posizionati lungo la linea delle alture Pingarrón, una quota di 620 metri, potendo così bersagliare incessantemente la testa di ponte avversaria coi propri pezzi di artiglieria. La Brigata Garibaldi, trincerata sulle alture che sovrastano il ponte di Arganda, intanto resiste agli assalti della cavalleria mora che, falciata dalle mitragliatrici, deve ritirarsi lasciando sul terreno più di metà degli effettivi. Il 12 febbraio nuovo tentativo di sfondamento dei franchisti, che si spingono fino alle alture di Pingarron, che i repubblicani difendono strenuamente a costo di gravi perdite.

Il 13 febbraio la battaglia raggiunge il suo culmine. Vi partecipano più di 30.000 nazionalisti contro 16 brigate repubblicane, di cui 4 internazionali. Ed è un bagno di sangue. L’XI Brigata internazionale (composta principalmente da volontari provenienti da Gran Bretagna, Francia, Belgio, Irlanda e Balcani), schierata a difesa di una posizione elevata soprannominata dai volontari stessi «suicide hill» («la collina del suicidio»), rimane pressoché priva di munizioni a causa di un rifornimento sbagliato. L’annientamento viene evitato solo grazie all’arrivo di rinforzi, ma muoiono 375 dei circa 600 uomini.

Il 14 febbraio le forze repubblicane passano all’offensiva con un’ondata di carri armati forniti dall’Unione Sovietica, supportati da fanteria, artiglieria e aviazione, bloccando l’avanzata delle truppe avversarie. Lo scontro è molto sanguinoso e causa talmente tante perdite nelle file nazionaliste da far sì che i franchisti ricordino il 14 febbraio come «el día triste del Jarama» («il giorno triste del Jarama»).

I repubblicani insistono. Il 17 febbraio contrattaccano nuovamente con un assalto frontale alle posizioni nemiche, ma vengono ricacciati indietro, lasciando sul campo oltre la metà degli uomini. Un ulteriore attacco viene lanciato dai repubblicani verso le posizioni difensive più settentrionali dello schieramento franchista, lungo la direttrice del fiume Manzanarre: anche qui subirono pesanti perdite, ma perlomeno riescono ad allontanare i nazionalisti dalla città di Vaciamadrid e dalla strada Madrid-Valencia.

Verso la fine del mese entrambi gli schieramenti, ormai non più in grado di portare attacchi efficaci, consolidano le proprie posizioni. Le perdite sono state ingenti sia per i nazionalisti che per i repubblicani e le truppe rimanenti sono stremate dai lunghi giorni di battaglia.

Le forze franchiste, nonostante siano riuscite ad attraversare lo Jarama, hanno mancato l’obiettivo di strappare ai repubblicani il controllo della strada di collegamento Madrid-Valencia. Insuccesso che fa perdere interesse strategico all’intera area. Il fronte verrà trincerato da entrambe le parti e non sarà più oggetto di scontri di grande importanza. A marzo anche il corpo di spedizione italiano verrà respinto a Guadalajara, ponendo fine alle residue speranze di Franco di isolare Madrid.

La XII Brigata Garibaldi combatterà ancora al Farlete, sul fronte di Saragozza (dal 24 al 30 agosto 1937), alle Fuentes de Ebro (dal 10 al 18 ottobre 1937), alla Sierra de Gredos (il 15 e 16 febbraio 1938), al fronte di Ginestra (dal 4 aprile al 2 settembre 1938) e sull’Ebro (dal 3 al 23 settembre 1938), sino allo scioglimento del 24 settembre 1938. Il successivo 29 ottobre, a Barcellona, tutte le Brigate internazionali sfileranno per l’ultima volta prima di lasciare la Spagna, davanti a migliaia di spagnoli plaudenti e piangenti.

Dopo lo scioglimento delle Brigate internazionali, Enea Landini ripara in Francia in un convoglio di feriti ed ammalati. Lì viene internato prima nel campo di Argelès-sur-Mer, dove aderisce la gruppo anarchico «Libertà o morte», e poi nel campo di Gurs, da cui esce perché precettato in una compagnia di lavoro straniera (Compagnie de travailleurs étrangeres) adibita a lavori di fortificazione per conto dell’esercito francese. Ma ci resto poco. Dopo l’invasione tedesca della Francia si sposta in Belgio. Qui partecipa alla lotta armata contro i tedeschi. Ma viene catturato e fucilato per la sua attività antifascista a Bruxelles il 21 gennaio 1941.

NELLE FOTO: L'IMOLESE ENEA LANDINI, DURANTE LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA
COMBATTERA' A CASA DE CAMPO E A POZUELO, SUL FRONTE DI MADRID