16 febbraio 1945. E’ domenica e il partigiano Walter Grandi scende a Imola da Croara per salutare la moglie, incinta. Una ragazza jugoslava che aveva sposato durante la sua permanenza nelle brigate di Tito. La città è tetra, semivuota: chiuse le porte, le finestre, i negozi. Ovunque regna il silenzio. Un silenzio assoluto, come nelle ore di coprifuoco.
In giro non c’è nessuno. Su chi si avventura per le strade incombe il pericolo di incontrare la pattuglia tedesca o, peggio, quella della brigata nera. La deportazione è un rischio concreto, diffuso, che può capitare a chiunque. Così gli uomini stanno rintanati in casa, oppure, da quando le incursioni aeree non sono più segnalate dalle sirene, nelle cantine, dove ci ammassa sotto gli opprimenti soffitti a botte e dove mai penetra un raggio di sole fra muri umidi e brande distese su pavimenti di terra battuta.
Grandi viene fermato dai militi della brigata nera nel centro cittadino, in via Garibaldi, nei pressi del duomo, che lo arrestano. Forse c’è stata una spiata perché – racconterà la staffetta partigiana Luigia Loreti, nome di battaglia “Gigina” – «Walter poteva girare avendo un documento della Todt. Così qualche volta veniva lui alla base, specialmente alla domenica. E proprio una di queste domeniche sua moglie, una ex partigiana jugoslava, venne a cercarlo dicendo che a mezzogiorno non era rientrato a casa. Da mia sorella appresi che aveva visto, circa a mezzogiorno, dei fascisti con in mezzo un civile e dalla descrizione compresi che era proprio Walter».
Walter Grandi inizialmente viene portato nel carcere mandamentale della rocca, dov’è interrogato e torturato. Trasferito successivamente a Bologna, viene rinchiuso dapprima nella caserma di via Borgolocchi, che funge anche da carcere ed è sede della 13ª brigata nera «Eugenio Facchini». Poi, dal 23 febbraio, risulta detenuto nel carcere di San Giovanni in Monte, dove è registrato, con matricola 13293, proveniente da «camera di sicurezza», scortato da «sottufficiale tedesco SS», a disposizione del «comando tedesco SS».
Per ordine dello stesso comando risulterà consegnato ad «agenti tedeschi» il successivo 16 marzo assieme ad altri 9 detenuti: 8 lì trasferiti da Imola, Otello Cardelli, Ugo Coralli, Zelino Frascari, Armando Gardi, Vladimiro Gollini, Enea Loreti, Angelo Volta e Vittorio Zotti; più Francesco Cristofori, arrestato a Bologna, in centro città, mentre percorreva via Rizzoli.
Una volta prelevati dal carcere, questi partigiani furono condotti probabilmente al comando Sipo-SD (la Polizia di Sicurezza e Servizio di Sicurezza tedeschi, di cui facevano parte anche gli uffici della Gestapo) di via Santa Chiara e poi caricati su un camion, col quale vennero condotti davanti alla stazione ferroviaria semidistrutta di San Ruffillo e lì fucilati e sepolti sommariamente in alcuni crateri di bomba.
L’eccidio sarà scoperto casualmente poco dopo la Liberazione e anche la salma di Walter Grandi sarà riconosciuta tra quelle portate al cimitero della Certosa provenienti dalle «fosse di San Ruffillo», luogo dove in sei date (il 10 e 20 febbraio, poi l’1, il 2, il 16 e il 21 marzo) furono almeno 94 i detenuti prelevati del carcere cittadino e uccisi segretamente dalle SS.
Walter Grandi era nato il 16 giugno 1920 a Imola, da Romolo e Filomena Zaccheroni. Licenza elementare, di professione fabbro, aveva aderito alla Resistenza. In un primo tempo operò nella zona di Imola, poi si spostò sull’Appennino tosco-romagnolo, aggregandosi alla 36ª Brigata Garibaldi «Alessandro Bianconcini».
Dopo una missione condotta a valle, però, non poté tornare sui monti e perciò restò nel distaccamento imolese della 7ª Brigata Gap Garibaldi «Gianni», ove assunse il comando di un gruppo gappista. Ed essendo munito di tesserino della Todt (l’organizzazione del lavoro tedesca), che gli consentiva la libera circolazione, ebbe anche il compito di mantenere i collegamenti fra le varie basi partigiane.
Walter Grandi è stato riconosciuto partigiano dall’apposita Commissione regionale, con ciclo operativo dal 15 giugno 1944 al 16 marzo 1945, giorno della sua morte a San Ruffillo.
SACRARIO DI PIAZZA NETTUNO
Walter Grandi è ricordato nel memoriale di piazza del Nettuno, dedicato ai partigiani di Bologna e provincia che hanno sacrificato la propria vita durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo.
Il sacrario, composto da tre grandi cornici contenenti più di duemila formelle in vetroceramica, è collocato sulla parete di palazzo d’Accursio, sede del Comune, che affaccia su piazza del Nettuno, sul fronte della biblioteca Salaborsa. Ciascuna delle formelle riporta il nome di un partigiano caduto, il più delle volte accompagnato dalla fotografia.
I tre riquadri, inframezzati dalle finestre del palazzo, sono raccordati dalla seguente scritta in bronzo posta superiormente: «Bologna 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945 / Caduti della Resistenza per la libertà e la giustizia, per l’onore e l’indipendenza della Patria».
MONUMENTO AL PARTIGIANO
Il monumento al Partigiano di piazzale Leonardo da Vinci è uno dei luoghi di Imola ove si svolgono le celebrazioni per l’anniversario della Liberazione e in memoria dei caduti della Resistenza, organizzate dal Comune di Imola e dalla sezione locale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
L’Anpi di Imola fin dal 1945 decise la realizzazione di un monumento commemorativo della Resistenza, per ricordare i tanti partigiani imolesi morti per la Libertà. Monumento che venne finanziato tramite una sottoscrizione popolare.
Della sua ideazione fu incaricato lo scultore Angelo Biancini, famoso artista di Castel Bolognese, che realizzò una statua in bronzo. L’opera venne inaugurata con una cerimonia molto partecipata il 12 maggio 1946. Nel 1973 ci fu poi un secondo momento pubblico attorno al monumento: l’Anpi imolese decise infatti di promuovere una nuova raccolta fondi per corredare il monumento di quattro lapidi con riportati i nomi dei 107 caduti imolesi nella lotta di Liberazione, tra i quali Walter Grandi. L’occasione fu il trentesimo anniversario dell’8 settembre, data simbolo per l’inizio della Resistenza
SACRARIO DEL PIRATELLO
Le salme dei partigiani imolesi caduti durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo sono tumulate nel sacrario dedicato «Ai caduti della Resistenza», realizzato nel cimitero di Piratello.
Riconosciuto partigiano dall’apposita Commissione regionale, con ciclo operativo dal 15 giugno 1944 al 16 marzo 1945, giorno della sua morte a San Ruffillo, il corpo di Walter Grandi è tumulato nel sacrario ove riposano i «Caduti della Resistenza».
SEDE ANPI DI IMOLA
All’esterno della sede di Anpi Imola, in piazzale Giovanni dalle Bande Nere, a lato dell’ingresso c’è una lapide dedicata a partigiani e antifascisti imolesi che «caddero combattendo o furono barbaramente fucilati a Bologna». Tra questi i dieci patrioti che furono trucidati in due date nella stazione ferroviaria di San Ruffillo, tra i quali Walter Grandi.
MONUMENTO DI SAN RUFFILLO
A Bologna, in piazza Caduti di San Ruffillo, si erge il cippo monumentale che ricorda le vittime delle fucilazioni avvenute sul finire della seconda guerra mondiale tra le rovine della vicina stazione ferroviaria di San Ruffillo. Monumento lì collocato nel 1967 in sostituzione di quello che, dal 1946, sorgeva sul terrapieno della ferrovia nei pressi della stazione e che è stato dismesso.
Sulla faccia principale del monumento attuale si legge l’iscrizione: «Da queste fosse rosse di sangue risuona la voce dei partigiani trucidati dai nazifascisti ad ammonire i vivi che non c’è civile grandezza senza libertà ed amore».
Sugli altri lati del monumento sono riportati i nominativi delle vittime divisi per comune di provenienza: Castelfranco Emilia; Imola e Bondeno; Bologna, Malalbergo e Anzola dell’Emilia.
LAPIDE IN VIA MURRI
A Bologna, in via Augusto Murri 158, murata nella parete esterna della scuola statale «Clotilde Tambroni», c’è una lapide che «i compagni di lotta» hanno dedicato «ai gloriosi martiri caduti per la libertà dei popoli». Tra i nomi lì ricordati anche quelli di undici partigiani imolesi, tra i quali Walter Grandi.