Tossignano, pressoché totalmente distrutto, venne liberato il 13 aprile 1945

Tossignano, pressoché totalmente distrutto, venne liberato il 13 aprile 1945

Il Comune di Borgo Tossignano anticamente aveva nome Tossignano ed il capoluogo e la sede comunale edificata su uno sperone di gesso. Sorto nel tempo, a valle, l’abitato denominato Borgo, per usufruire delle comodità offerte dal torrente Santerno e dalla strada Montanara, che generò lavoro e commerci, il capoluogo si spostò nella frazione in crescente sviluppo, dando al comune il nome di Borgo Tossignano (e, a Borgo, con decreto del 12 agosto 1954, e stata data anche la sede del municipio).

Nel primo dopoguerra il movimento dei lavoratori crebbe e nelle elezioni politiche del novembre 1919 aumentarono fortemente i consensi ai socialisti. Nelle elezioni amministrative del 19 settembre 1920, la lista del Psi conquistò per la prima volta la maggioranza consigliare.

Lo squadrismo fascista si avventò anche contro le istituzioni dei lavoratori tossignanesi. Una squadra abbatté il monumento ad Andrea Costa, che era stato inaugurato il 28 settembre 1910. Le violenze determinarono la fine del Consiglio comunale elettivo. Subentrò un commissario prefettizio e, poi, a seguito di elezioni dominate dai fascisti, una loro amministrazione del Comune. Quest’ultima fece erigere un monumento al posto di quello dedicato al pioniere socialista.

Durante gli anni del regime fascista due borgotossignanesi ebbero a subire condanne in forza delle leggi speciali del fascismo per stroncare qualsiasi manifestazione di opposizione: la prima, per motivi spiccatamente politici e la seconda, per la colpevole paura o debolezza del podestà fascista del tempo.

Paolo Negrini (classe 1903), muratore, comunista, colpevole di aver partecipato, assieme ad altri, ad iniziative propagandistiche per ricordare la nascita del Pci e di incitamento alla lotta contro il regime fascista, venne arrestato nel 1927, incarcerato, indagato e, nel giugno 1928, prosciolto, ma, il 25 febbraio 1930, condannato dalla apposita Commissione provinciale (costituita di soli gerarchi fascisti) alla pena di 5 anni di confino, quindi fu relegato nell’isola di Ponza, dove restò fino al novembre 1932.

Il bracciante Giulio Merzari (classe 1883), che era già stato ricoverato perché affetto da paranoia, invece venne condannato al confino per 5 anni ed inviato nell’isola di Ustica perché il 26 dicembre 1941, un po’ alticcio, rimasto in casa al buio, aveva gridato – secondo il denunciarne – «Quel p. del re, quella p. della regina, quel p. del duce, quel rottino del podestà, per colpa loro non abbiamo olio, né petrolio e le candele non si trovano e costano 12 lire» ed inoltre per aver sparato in aria alcuni colpi di fucile all’atto dell’arresto.

Dopo la caduta del fascismo e l’8 settembre 1943, vecchi e giovani antifascisti si aggregarono specialmente alla 36ª Brigata Garibaldi, che ebbe le proprie basi e i propri bersagli nella zona alta della valle del Santerno e della vicina Toscana. Nell’estate 1944 l’attività contro i nazifascisti raggiunse il suo culmine e, quasi a segnacolo di ciò, pochi giorni dopo l’inizio dell’attacco alla Linea Gotica da parte dell’8ª Armata inglese, il 31 agosto, a Tossignano i partigiani giustiziarono il maresciallo comandante il presidio.

Il 13 settembre seguente, una compagnia della 36ª Brigata Garibaldi, coadiuvata da partigiani locali, occupò Tossignano, che venne tenuta, nonostante varie puntate tedesche, per dieci giorni. Venne «disgregato» il nucleo dirigente della Rsi, «saccheggiando la casa del fascio e recuperando materiali vari, documenti importanti, armi e bandiere fasciste». Fu processato e fucilato un maggiore della Gnr.

I partigiani «esponevano la bandiera dell’Italia libera ed abbattevano un monumento fascista fra l’entusiasmo della popolazione». Il commissario prefettizio del momento, che era podestà al tempo della costruzione del monumento fascista or ora ricordato al posto di quello dedicato a Costa, venne condannato «a pagare uno scultore del luogo, incaricato di erigere un secondo monumento ad Andrea Costa uguale a quello distrutto dagli squadristi (NELLA FOTO)».

Si fece un comizio al quale parteciparono oratori di vari partiti. Venne requisita carne e distribuita alla popolazione. «Il controllo amministrativo del paese veniva assunto dai partigiani e dai membri del Cln del luogo». In questo lasso di tempo fu catturato l’equipaggio di un camion ed attaccata una pattuglia della Wehrmacht, operazioni che inflissero ai tedeschi gravi perdite, mentre caddero tre partigiani.

L’occupazione cessò il giorno 23 in seguito all’intervento di forze soverchianti tedesche, che, poi, per mesi e mesi resistettero entro i validi rifugi scavati nel gesso fino a quando l’offensiva dell’aprile 1945 non li mise in fuga. I partigiani, ritiratisi da Tossignano, si attestarono a sud della carreggiabile Casola Valsenio – Fontanelice. Borgo, che si era venuto a trovare in «terra di nessuno», e, in pratica, presidiato da forze partigiane, venne raggiunto dai soldati dell’8ª Armata inglese nel dicembre 1944.

Giulio Pallotta, membro del Cln di Fontanelice e poi sindaco dello stesso Comune, ha così ricordato un episodio accaduto in quel lasso di tempo: «Nel mese di dicembre una unità inglese riusciva fortunosamente a infiltrarsi a Tossignano approfittando della momentanea distrazione nemica durante il cambio della guardia, ma il colpo di mano veniva respinto dalla rabbiosa reazione tedesca e pagato con la cattura di tutti i soldati inglesi.

Avevamo preparato per gli alleati una mappa dettagliata di tutta la rocca: scavando nei ricordi personali, raccogliendo informazioni dagli sfollati e favorendo rischiosi sopralluoghi di qualcuno dei nostri, avevamo disegnato tutti i possibili sentieri che conducevano alle grotte e ai costoni dove i tedeschi proteggevano le loro batterie. Ci aspettavamo un attacco mirato a colpire questi obiettivi, ed invece il paese, già semidistrutto, fu completamente raso al suolo. La facilità e la leggerezza con la quale veniva dispiegata una potenza di fuoco così enorme e distruttiva a fronte di un risultato nullo, ci rendeva tristi: il dolore aumentava al pensiero di avere, se pure indirettamente, favorito quella operazione.

Il gruppo della 36ª Brigata Bianconcini guidato da Biagi Orlando e che lavorava per la Military Police si offrì di prendere Tossignano: la possibilità di muoversi su di un territorio familiare e di attaccare secondo schemi di guerriglia collaudati in altre occasioni, facevano ben sperare nella buona riuscita dell’operazione. Gli inglesi si opposero, ma autorizzarono una dozzina di partigiani a presidiare Borgo Tossignano, dislocando dei posti di blocco al fondo Marcina, al fondo Piana, a La Costa e a Buffa Dosso».

A Borgo stanziarono i partigiani del Battaglione «Libero», un reparto dalla storia speciale e significativa. Era costituito da partigiani della 36ª Brigata Garibaldi che, dopo aver attraversato le linee alleate, cominciarono una collaborazione con i reparti al fronte. Per i meriti riconosciuti circa la loro precedente attività nella lotta contro i nazifascisti, quei partigiani – anziché essere disarmati, come lo furono la maggior parte di coloro che passarono dietro il fronte degli angloamericani – poterono costituire un battaglione autonomo, armato e da impiegarsi con le truppe al fronte.

Il battaglione denominato «Libero» prese il nome da quello di battaglia del suo comandante, Edmondo Golinelli (classe 1916), di Imola. Questi era un ex pugile avversato dai fascisti per i suoi sentimenti liberi, antirazziali e contrari alla prepotenza dei gerarchi ed era anche un bravo combattente. Il reparto partigiano fu dislocato a Borgo Tossignano in un settore avanzato e difficile tenuto dall’8ª Armata inglese e per merito di tutti «Libero» ebbe, il 19 marzo 1945, con atto ufficiale del General staff intelligence, il comando del battaglione con il grado di colonnello e un incontro a Castel del Rio con il generale McCreery, comandante l’armata inglese.

Tossignano, pressoché totalmente distrutto, venne poi liberato dai paracadutisti del 183° Reggimento «Nembo» assieme ai partigiani della 1ª Compagnia «Bianconcini-Folgore» e affiancati dai marinai del Reggimento «San Marco», il 13 aprile 1945. Il Battaglione «Libero» partecipò all’offensiva alleata che portò alla liberazione di Imola e, successivamente, operò, attraverso la bassa padana, fino a Trieste.

Dopo la metà di aprile riprese il ritorno della popolazione: più rapido a Borgo, dove le distruzioni erano state minori; più lento a Tossignano. Borgo Tossignano ricorda che sul suo territorio caddero tre partigiani della zona: Rino Conti, Tarcisio Naldi, Gino Biavati, ed un quarto, Bruno Verlicchi di Conselice (Ravenna), caduto combattendo proprio sulla piazza principale.

(Testo tratto dal libro «Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune» scritto da Luigi Arbizzani, storico della Resistenza)

13 gennaio 1945, Borgo Tossignano in mano partigiana