Siamo nell’aprile del 1945. Meno di due anni prima, il 10 luglio 1943, gli eserciti alleati erano sbarcati in Sicilia allo scopo di sconfiggere l’Italia di Mussolini, alleata della Germania hitleriana, e al contempo aprire un fronte nell’Europa continentale che costringesse gli eserciti dell’asse a dirottarvi uomini e armamenti. Ma la risalita della penisola, complici le complesse caratteristiche geomorfologiche del territorio, la caparbia resistenza dei tedeschi e una serie di errori dei generali anglo-statunitensi, si era rivelata più lenta del previsto.
L’ultima offensiva alleata risaliva a otto mesi prima, al 25 agosto 1944, quando era iniziato sul fronte adriatico l’attacco contro la linea Gotica. Una seconda direttrice d’attacco aveva poi interessato l’Appennino tosco-romagnolo, dove le truppe alleate il 18 settembre avevano occupato il passo del Giogo di Scarperia. Firenzuola era stata liberata il 22 e Palazzuolo il 23 dello stesso mese.
Castel del Rio era stato il primo comune della provincia di Bologna ad essere liberato dalle truppe alleate, la mattina del 27 settembre 1944. Il paese montano della valle del Santerno era così divenuto la punta più avanzata dello schieramento anglo-statunitense sull’Appennino tosco-romagnolo.
Nel pomeriggio dello stesso giorno erano iniziati gli scontri per il possesso di monte Battaglia, un’altura strategica posta nel territorio del vicino comune di Casola Valsenio, che i partigiani della 36ª Brigata Garibaldi avevano occupato precedentemente e consegnato ai militari statunitensi. Combattimenti che erano andati avanti per giorni e giorni. Il successivo 3 ottobre i fanti statunitensi lì impegnati erano stati avvicendati dalle guardie gallesi che, fino all’11 ottobre, dovranno respingere gli ultimi assalti tedeschi.
Il controllo di monte Battaglia, rilievo strategico, spalancava le porte della pianura Padana. Ma gli alleati avevano tergiversato, lasciandosi sfuggire l’occasione di una rapida avanzata. Il 13 novembre il generale Alexander, comandante in capo delle forze alleate nel Mediterraneo, aveva comunicato che la campagna estiva, iniziata l’11 maggio e condotta senza interruzione fin dopo lo sfondamento della linea Gotica, era da considerarsi terminata. I reparti statunitensi si erano così dovuti attestare sulle scomode posizioni raggiunte, trascorrendovi un inverno in dure condizioni, mentre prendevano avvio i preparativi in vista dell’offensiva primaverile.
Così, malgrado la conquista di monte Battaglia avesse aperto la strada per Bologna e la pianura Padana, l’avanzata degli alleati continuerà a piccoli passi fino all’offensiva di primavera. Le prime pattuglie alleate raggiungono l’abitato di Fontanelice il 29 novembre, ma i liberatori ne prendono possesso soltanto l’8 dicembre, dopo che i tedeschi si sono ritirati verso Borgo Tossignano dove, sfruttando il formidabile ostacolo naturale offerto dalla cresta dei Gessi, approntano una nuova linea di difesa.
L’inverno incombente e la difficoltà di avanzare lungo la strada dominata dai bastioni naturali di Tossignano, Croara e Rocchetta spinge gli alleati ad attestarsi a sud del rio di Gaggio e di Filetto, in posizione difensiva. In verità verso la fine dell’anno una unità inglese riesce, fortunosamente, a infiltrarsi a Tossignano durante il cambio della guardia, ma il colpo di mano viene sventato e i soldati inglesi sono tutti catturati.
Gli alleati accusato il colpo e decidono di abbandonare la zona. Allora partigiani della 36ª brigata Garibaldi, ospitati un po’ ovunque presso Castel del Rio e Fontanelice, si offrono di occupare l’abitato di Borgo, posto nel fondovalle, sulla strada Montanara, e di tenerlo come caposaldo avanzato.
Superando lo scetticismo degli inglesi, dopo avere ricevuto le armi e indossato tute mimetiche bianche, i partigiani raggiungono Borgo Tossignano, trovandovi solo donne, bambini, vecchi e invalidi. Conducono la popolazione in salvo fino alle postazioni alleate, per poi tornare a presidiare l’abitato ormai vuoto. Da quel momento, 13 gennaio 1945, Borgo Tossignano è in mano partigiana. Per tutto l’inverno il battaglione, denominato «Libero» dal nome battaglia del suo comandante, l’imolese Edmondo Golinelli, terrà la difficile posizione malgrado i numerosi tentativi dei tedeschi di rioccupare il caposaldo.
Per i meriti acquisiti sul campo di battaglia, il reparto partigiano verrà aggregato all’8ª Armata inglese. E il 19 marzo 1945, con atto ufficiale del General staff intelligence, «Libero» Golinelli ne otterrà il comando con il grado di colonnello. Nelle ultime settimane del conflitto il battaglione passerà poi alle dipendenze del gruppo di combattimento «Folgore» (comandato dal generale Giorgio Morigi e comprendente anche i paracadutisti del reggimento «Nembo» e i marinai del «San Marco») e verrà impiegato durante l’offensiva primaverile, contribuendo alla liberazione di Tossignano, baluardo difeso fino all’ultimo dai paracadutisti tedeschi.
Finalmente il 9 aprile 1945 gli eserciti alleati danno inizio all’offensiva destinata a concludere la campagna d’Italia. Preceduti da un pesantissimo cannoneggiamento delle difese tedesche e da ripetuti bombardamenti aerei, all’imbrunire le divisioni d’urto dell’8ª Armata britannica passano all’attacco. I fanti del gruppo di combattimento «Friuli», che dai primi di febbraio erano stati schierati sulle posizioni lasciate dai soldati polacchi nel settore di Brisighella, il giorno 11 aprile travolgono le posizioni nemiche sul Senio, occupano Riolo e si spingono sulle colline di Toranello e di Bergullo, mentre i paracadutisti del gruppo di combattimento «Folgore» tra il 12 ed il 13 aprile riescono ad espugnare la roccaforte di Tossignano, ancora in mano tedesca.
E mentre i paracadutisti del reggimento «Nembo» liberano definitivamente Tossignano e hanno ragione dell’ostinata resistenza dei paracadutisti tedeschi a Croara e a Pieve di Sant’Andrea, i partigiani del battaglione «Libero» iniziano l’avvicinamento a Imola. Ma la loro avanzata viene bloccata nel pomeriggio, a Ponticelli, su diretto ordine del generale Morigi: il merito della liberazione di Imola dovrà essere lasciato ai polacchi. Ordini superiori.