Sabato 17 febbraio, Castel Guelfo: la Resistenza imolese raccontata da Vittorio Gardi

Sabato 17 febbraio, Castel Guelfo: la Resistenza imolese raccontata da Vittorio Gardi

Ripercorrere la Resistenza imolese attraverso le parole di chi l’ha vissuta. Sabato 17 febbraio, alle ore 10, presso la Casa del popolo di Castel Guelfo, in via II Giugno 6, si terrà un incontro pubblico in cui Vittorio Gardi, partigiano e sindacalista imolese, narrerà della sua militanza nella Resistenza a Osteriola. Sarà presente anche Marco Orazi, storico responsabile del Cidra, il Centro Imolese Documentazione Resistenza Antifascista.

Alla bella età di 93 anni Vittorio Gardi non si risparmia. Incontra giovani studenti, presenzia a banchetti e a tutte le iniziative dell’Anpi. E’ la memoria storica vivente della lotta al nazifascismo e della guerra di Liberazione. Del resto lui c’era, allora giovanissimo partigiano del Battaglione «Pianura» della Brigata Sap «Santerno-Imola».

Aveva iniziato aiutando il sappista Lino Afflitti. Afflitti lavorava nella bottega di Attilio Volta, fabbro di Osteriola. E Vittorio, allora quattordicenne, gli dava una mano. «Il mio compito – racconterà – era di girare la manovella della fucina, mentre Lino tagliava tondini di ferro in pezzi lunghi una decina di centimetri, faceva la punta in entrambe le loro estremità e poi li piegava ad angolo retto. Gli chiesi a cosa servissero e lui mi rispose: “Tu devi solo far andare la fucina, non fare domande”. In seguito imparai a cosa servivano quegli affari lì. Venivano mandati a Imola, dove venivano saldati assieme per ricavarne chiodi a quattro punte. Quei chiodi che poi noi, di notte, buttavamo nelle strade per bloccare le colonne di camion tedeschi».

Vittorio e babbo Armando verranno arrestati il 26 febbraio 1945, durante un rastrellamento, assieme ad altri partigiani di Osteriola. «Una ventina di noi, comprese quattro donne, vennero portati in una casa colonica di Cantalupo, dove aveva sede il comando tedesco. Capimmo subito che la Gestapo voleva dare una prova di forza, terrorizzando Osteriola e le zone vicine, per fiaccare lo spirito del movimento di resistenza. I primi due giorni ci lasciarono senza bere, né mangiare, chiusi in due stanze al pian terreno. Poi cominciarono gli interrogatori. A turno, quasi tutte le notti, ci portavano di sopra. Le domande erano sempre le stesse: “Chi sono i capi?”, “Dove nascondete le armi?”… Alla risposta “non lo so”, cominciavano le botte e le frustate con le pesanti cinture a cui tenevano appese le rivoltelle. Spesso ci interrogavano assieme, io e babbo, e l’uno doveva assistere mentre picchiavano l’altro. Poi, quando erano stanchi, ci riportavano giù pesti e sanguinanti».

Poi, il pomeriggio dell’undicesimo giorno, Otello Cardelli e Armando Gardi vengono prelevati per il loro trasferimento a Bologna. «Li caricarono su due motocarrozzotte ammanettandoli. Quella fu l’ultima volta che li vidi». Di loro e di altri partigiani imolesi portati a Bologna non si seppe più nulla finché… «Un giorno ci informarono che alla Certosa erano stati portati dei corpi non identificati che erano riemersi in un terreno. Mia madre e altri partirono per Bologna. I custodi della Certosa li fecero accomodare in una saletta dove erano custoditi alcuni oggetti personali rinvenuti sulle salme. Fu lì che mia madre riconobbe un pezzo di velluto verde scuro che era stato tagliato dalla giacca di mio padre. E fu chiara la sorte toccata ai quattro di Osteriola: Angelo Volta, Otello Cardelli, Zelino Frascari e Armando Gardi, mio padre. Le salme vennero in seguito portate a Imola dove, assieme a quelle di tanti altri caduti della Resistenza, furono allineate in piazza e onorate con lo storico funerale del 21 ottobre 1945».

 

NELLA FOTO: IL PARTIGIANO VITTORIO GARDI
E IL SINDACO DI IMOLA MARCO PANIERI