Alfredo e Romeo Bartolini e altri sei compagni fucilati per dare l'esempio

Alfredo e Romeo Bartolini e altri sei compagni fucilati per dare l’esempio

Alfredo e Romeo. Anzi, per età, Romeo e Alfredo. I fratelli Bartolini di Imola. Avevano 43 anni il primo e 28 anni il secondo quando furono fucilati dai militi repubblichini il 27 gennaio 1944 presso il poligono di tiro di via Agucchi, a Bologna, assieme ad altri sei compagni di sventura. Rappresaglia per l’uccisione, in un agguato, del segretario federale del Partito fascista repubblicano di Bologna, Eugenio Facchini, avvenuta il giorno prima, 26 gennaio, ad opera di partigiani gappisti. Romeo e Alfredo, però, come gli altri sei compagni di sventura, quel 26 gennaio erano già rinchiusi in carcere.

Romeo Bartolini era nato l’11 aprile 1901. Analfabeta, schedato nel casellario politico centrale come comunista, era emigrato in Belgio nel 1923 in cerca di lavoro. Quando era rimpatriato, il 12 ottobre 1933, era stato subito arrestato per aver svolto attività antifascista. Tornato in libertà il successivo 10 novembre, il 17 dicembre 1934 era stato nuovamente arrestato e diffidato. In seguito aveva subito 2 ammonizioni, il 22 luglio 1935 e il 24 febbraio 1938.

Divenuto nel frattempo operaio alla Cogne, l’azienda imolese produttrice di materiale bellico, era stato arrestato per l’ennesima volta il 5 novembre 1943 nel corso di un rastrellamento attuato ad Imola a seguito all’uccisione di Gerardo Barani, seniore della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Rinchiuso prima nel carcere mandamentale della rocca sforzesca, Romeo venne poi trasferito a San Giovanni in Monte il giorno 6, a disposizione della «Federazione fascista repubblicana», uscendone il 3 dicembre 1943 per ordine del comando tedesco SS, dopo che una speciale commissione tedesca alla fine di novembre aveva provveduto ad un interrogatorio di tutti gli incarcerati.

Il fratello Alfredo era nato invece il 23 settembre 1916. Arruolato nel corpo degli alpini, aveva svolto il servizio militare a Gorizia nel 1934-’35. Atleta promettente, nel 1942 era divenuto campione italiano di lotta greco-romana, pesi medi, attività che svolgeva in rappresentanza del settore sportivo della Cogne di Imola, dove lavorava anch’egli come operaio.

Dopo il 25 luglio 1943 era entrato a far parte della Guardia nazionale patriottica, l’organizzazione imolese che si occupò del recupero delle armi abbandonate dai militari italiani dopo la dissoluzione del regio esercito. Subì un primo arresto da parte dei carabinieri il 7 agosto 1943 per detenzione abusiva di arma. Detenuto prima nel carcere mandamentale di Imola, il 10 agosto venne trasferito a San Giovanni in Monte, a disposizione della Procura militare. Uscì in libertà provvisoria il 17 settembre 1943.

I fratelli Bartolini vengono di nuovo arrestati ambedue il 17 dicembre 1943 nella frazione di Casola Canina e richiusi nella rocca in attesa di provvedimenti. Mentre si trovano lì detenuti, tre gappisti bolognesi tendono un agguato al segretario federale del Partito fascista repubblicano di Bologna, Eugenio Facchini.

Sono le 12.40 del 26 gennaio 1944 e il federale si sta recando alla mensa della Casa dello Studente, in via Zamboni, ove intende pranzare. Sta salendo le scale assieme a Walter Boninsegni, uno dei suoi vice, che lo ha accompagnato in automobile, quando compaiono i gappisti Bruno Pasquali e Remigio Venturoli (e fos’anche Ermanno Gallotti), che estraggono le pistole ed iniziano a sparare. Il federale viene colpito a morte, mentre Boninsegni reagisce sparando e colpisce ad una spalla Pasquali, che però riesce ugualmente a fuggire.

L’uccisione del federale di Bologna suscita grande clamore, e non solo in città. Facchini, infatti, era stato nominato nell’ottobre 1943 da Alessandro Pavolini, il fondatore delle famigerate Brigate nere, con l’approvazione dello stesso Mussolini. I fascisti decidono quindi di dare una punizione esemplare. Così nella notte si riunisce un Tribunale speciale per decidere la sorte degli antifascisti scelti tra quelli che in quel momento giacciono nelle carceri di Bologna e di Imola, seppur estranei al fatto.

Dal carcere della rocca di Imola vengono prelevati i fratelli Alfredo e Romeo Bartolini, Sante Contoli, il minorenne Antonio Ronchi, Alessandro Bianconcini ed il professor Francesco D’Agostino. A cui si aggiungono i reclusi bolognesi Silvio Bonfigli, Cesare Budini, Ezio Cesarini, Luigi Missoni e Zosimo Marinelli. Undici in tutto.

La sentenza è di dieci condanne a morte mediante fucilazione alla schiena, dato che la posizione del Ronchi è stata stralciata per via della sua giovane età. La condanna per il tenente Luigi Missoni, mutilato di guerra e decorato di Medaglia d’oro al valor militare, e per l’anziano birocciaio Sante Contoli, arrestato a casaccio e che nulla aveva a che vedere con la Resistenza, viene però commutata in una lunga pena detentiva (30 anni), col primo che perirà il successivo 27 dicembre nel bombardamento del carcere di Castelfranco Emilia, ove era recluso, mentre il secondo morirà di stenti nel lager di Mauthausen.

I restanti otto condannati vengono trascinati la sera stessa del 27 gennaio al poligono di tiro cittadino e lì fucilati. Le vittime di questo eccidio sono: i fratelli Bartolini, Alfredo e Romeo, rispettivamente di 28 e 43 anni, entrambi operai della Cogne; l’antifascista Alessandro Bianconcini, 35 anni, insegnante di musica; Silvio Bonfigli, 58 anni, impiegato, ex console della milizia; Cesare Budini, 46 anni, geometra; Ezio Cesarini, 41 anni, giornalista del «Carlino»; Francesco D’Agostino, 62 anni, primario chirurgo e direttore dell’ospedale civile di Imola; Zosimo Marinelli, 50 anni, operaio.

Nel corso del trasferimento al luogo di esecuzione ci sarà un tentativo di fuga del gruppo dei condannati, nel corso del quale uno dei Bartolini riuscirà a ferire ad una coscia il fascista Renato Tartarotti, comandante della scorta. Il plotone d’esecuzione sarà comandato invece dal tenente della Guardia nazionale repubblicana Guerrino Bettini, di Imola, che aveva chiesto questo «onore» al nuovo federale Torri.

I nomi ed i volti delle vittime dell’eccidio di via Agucchi sono oggi raccolti nel sacrario di piazza Nettuno insieme a quelli di tutti gli altri caduti nella Resistenza e nel monumento-ossario della Certosa di Bologna, a perenne memoria del loro sacrificio.

NELLE FOTO: IL MONUMENTO CHE RICORDA I FUCILATI
NEL POLIGONO DI TIRO DI VIA AGUCCHI TRA IL 1943 E IL 1945
E I FRATELLI BARTOLINI, ALFREDO E ROMEO