Durante la ventennale dittatura fascista nella sola provincia di Bologna ben 114 antifascisti furono assassinati o persero la vita mentre erano in carcere o al confino, come i sestesi Attilio Vannini ed Enea Fantini. A questi andrebbero aggiunti – ma è difficile calcolare il numero esatto – quelli che morirono qualche tempo dopo avere subìto maltrattamenti o a seguito di malattie contratte durante la detenzione.
L’operaio comunista Attilio Vannini era stato accusato di avere fatto parte del gruppo che l’1 gennaio 1923, durante uno scontro ad Imola, aveva provocato la morte del fascista Alessandro Baldini. Per evitare rappresaglie Vannini era espatriato in Francia. Allʼinizio del 1925, però, era rientrato in Italia per sposarsi, ma i fascisti il 3 marzo gli tesero un agguato all’uscita dallʼabitazione della fidanzata e lo uccisero con alcuni colpi di pistola nei pressi della stazione ferroviaria di Imola.
Enea Fantini invece venne arrestato l’11 dicembre 1929 perché accusato di ricostituzione del Partito comunista italiano, di propaganda sovversiva e del tentativo di suscitare la guerra civile. Durante la detenzione venne torturato ininterrottamente per una settimana. Prosciolto per non luogo a procedere «perché gravemente infermo», morì il 12 aprile 1931 nel carcere di Castelfranco Emilia. Ai familiari e ai compagni fu negato il permesso di vedere la salma. I suoi funerali, che si svolsero a Imola, si trasformarono in una manifestazione antifascista.