Pagliarulo: «Le parole di La Russa sono indegne»

Pagliarulo: «Le parole di La Russa sono indegne»

«Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della resistenza, quelli uccisi erano una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non». Concetti espressi con noncuranza dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, a «Terraverso», podcast del quotidiano «Libero», replicando alle critiche piovute sulla premier Giorgia Meloni dopo le dichiarazioni rilasciate da quest’ultima in occasione della ricorrenza dell’eccidio delle Fosse Ardeatine («335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani», omettendo che furono scelti tra antifascisti, resistenti, oppositori politici, ebrei).

Una dichiarazione improvvida, quella rilasciata dalla seconda carica dello Stato, peraltro non nuova a uscite di questo genere, che ha suscitato la reazione sdegnata del presidente nazionale dell’Anpi. «Le parole di La Russa – ha detto Gianfranco Pagliarulo – sono semplicemente indegne per l’alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e a delegittimare la Resistenza».

Entrando nel merito delle valutazioni espresse dall’esponente di Fratelli d’Italia, Pagliarulo ha spiegato che «il terzo battaglione del Polizeiregiment colpito a via Rasella, mentre sfilava armato fino ai denti, stava completando l’addestramento per andare poi a combattere gli alleati e i partigiani, come effettivamente avvenne. Gli altri due battaglioni del Polizeiregiment erano da tempo impegnati in Istria e in Veneto contro i partigiani. L’attacco di via Rasella, pubblicamente elogiato dai comandi angloamericani, fu la più importante azione di guerra realizzata in una capitale europea».

Azione di guerra preparata minuziosamente dai gappisti romani e che venne compiuta il 23 marzo 1944. Il servizio informazioni partigiano aveva osservato che ogni giorno alla stessa ora, verso le 2 pomeridiane, un reparto di SS passava per via Rasella. Il gappista Rosario Bentivegna, travestito da spazzino, poco prima dell’ora in cui di solito passavano le SS, percorse via Rasella spingendo un carretto per la raccolta delle immondizie, composto da due bidoni: l’uno conteneva spazzatura, l’altro una ventina di chilogrammi di tritolo.

Bentivegna fermò il carretto e attese. Nei pressi s’erano appostati Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Franco Ferri e altri gappisti. Il reparto SS s’inoltrò per via Rasella in ritardo sull’orario consueto. Al momento esatto calcolato in base alla durata della miccia, Calamandrei fece il segnale convenuto togliendosi il cappello. Bentivegna diede fuoco alla miccia e s’allontanò. Dopo cinquanta secondi avvenne l’esplosione. Subito gli altri gappisti attaccarono con bombe il reparto investito dallo scoppio e poi s’allontanarono. Sul terreno rimasero una sessantina di soldati nazisti, tra morti e feriti. Alla fine i morti saranno 33.

L’ordine e la misura della rappresaglia vennero dal quartier generale di Hitler: per ogni soldato ucciso dovevano essere fucilati 10 prigionieri. Il maresciallo Kesselring ne affidò l’esecuzione al colonnello Kappler, il quale provvide a compilare la lista delle vittime scegliendole tra i detenuti politici di regina Coeli e del carcere di via Tasso. Arrivò a 270 nomi e ne chiese altri 50 al questore Pietro Caruso, che preferì abbondare indicandone 65. Cosicché le vittime trucidare nelle Fosse Ardeatine furono 335.

«Dopo la presidente del Consiglio, anche il presidente del Senato fa finta di ignorare che non furono i soli nazisti a organizzare il massacro delle Fosse Ardeatine, perché ebbero il fondamentale supporto di autorità fasciste italiane», ha ricordato il presidente dell’Anpi.

PER SAPERNE DI PIÙ:

https://www.patriaindipendente.it/primo-piano/le-fosse-ardeatine-sangue-innocente/

NELLA FOTO: RETATA DI FRONTE A PALAZZO BARBERINI
DA PARTE DI TRUPPE TEDESCHE E DELLA RSI