Ottant'anni fa venivano ghigliottinati gli studenti antinazisti de «La rosa bianca»

Ottant’anni fa venivano ghigliottinati gli studenti antinazisti de «La rosa bianca»

«Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate. Impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie…». L’agente della polizia segreta dello Stato (la Gestapo, dal tedesco Geheime staatspolizei) impallidì man mano che leggeva cosa vi era scritto in quel volantino che gli avevano appena posato sulla scrivania: si trattava di propaganda contro il Partito nazionalsocialista e contro il Führer. Chi osava tanto?

Da quasi tre anni era in corso la seconda guerra mondiale e per la Germania, dopo i successi iniziali, erano arrivate le prime sconfitte e i primi bombardamenti sulle proprie città. E a scrivere, stampare e diffondere quel volantino nel quale si denunciavano le menzogne del regime, e si invitavano i tedeschi a resistere, a opporvisi, era stata «La rosa bianca», un gruppo di giovani antinazisti di diversa estrazione sociale, culturale ed ecclesiale che si era costituito nell’ambito universitario.

A quel primo volantino del giugno 1942 ne seguiranno altri cinque, fino al 18 febbraio 1943. Sei diversi testi in tutto. Il settimo, in gestazione, non verrà mai stampato perché, nel frattempo, il gruppo verrà sgominato.

Il nucleo iniziale dell’organizzazione, stanziato a Monaco di Baviera, era costituito da Hans Scholl, sua sorella Sophie (unica donna del gruppo), Alexander Schmorell, Willi Graf, Christoph Probst, tutti poco più che ventenni, e da Kurt Huber. Quest’ultimo, docente universitario e stimato musicologo, si era unito a loro dopo la sconfitta di Stalingrado, dando un notevole impulso all’attività di propaganda antinazista.

La Gestapo cercò di togliere dalla circolazione i volantini e si mise sulle tracce degli autori. Ma non era facile. La distribuzione del materiale ciclostilato avveniva infatti clandestinamente tramite una rete di contatti anonimi. I pacchi venivano spediti per posta o trasportati di nascosto in treno da un luogo a un altro. E una volta recapitati ai referenti, i volantini passavano di mano in mano.

Il sesto volantino venne distribuito nell’università il 18 febbraio 1943, in coincidenza con la fine delle lezioni. Ma Sophie Scholl venne individuata mentre, dalle scale, lanciava volantini sugli studenti sottostanti. Fermata da un zelante bidello fedele al regime, venne consegnata alla Gestapo. E in poco tempo anche gli altri componenti dell’organizzazione vennero individuati e arrestati.

I fratelli Scholl, Hans e Sophie, e l’amico Cristoph Probst furono i primi ad affrontare il processo, il 22 febbraio 1943, presso il Volksgerichtshof, un tribunale politico speciale. Riconosciuti colpevoli di alto tradimento, cospirazione e sostegno al nemico, lo stesso giorno vennero ghigliottinati nel cortile della prigione Stadelheim di Monaco. Due mesi dopo, il 19 aprile, sarà la volta degli altri componenti del gruppo, compreso il professor Huber.

Fortunatamente il ricordo del sacrificio dei fratelli Scholl e del loro gruppo non è andato perduto, nemmeno al di fuori della ricerca storica. A distanza di 80 anni lo scrittore Giuseppe Assandri, autore del libro per ragazzi «La rosa bianca di Sophie», e la psicologa Clelia Tollot ne parleranno infatti con la docente Annalisa Cattani, ripercorrendo, anche con letture e documenti, quel terribile momento storico. L’incontro, aperto a tutti, si svolgerà giovedì 26 gennaio, con inizio alle ore 17, presso la Biblioteca comunale di Imola, in via Emilia 80. L’iniziativa è a cura di Anpi Imola, Cidra e Casa Piani.

PER SAPERNE DI PIÙ

https://museonazionaleresistenza.it/story/la-rosa-bianca-weise-rose/