L’uccisione di Maria Zanotti e il ferimento di Livia Venturini ad opera dei militi repubblichini il 29 aprile 1944 suscitarono rabbia e risentimento nella popolazione. Per fermare l’ondata di scioperi, i tedeschi imposero lo stadio d’assedio. La stessa sepoltura di Maria Zanotti, avvenuta il giorno dopo, venne tenuta nascosta. «Temendo la folla – racconta lo storico Nazario Galassi – i fascisti ne trafugarono la salma dalla camera mortuaria e la portarono al cimitero del Piratello, chiudendone i cancelli. A porta Alone (porta Bologna, Ndr), piazzate le mitragliatrici, fu bloccato il traffico. Venne pure dato un falso allarme aereo. Ciò non impedì che, per ammissione delle stesse autorità, una folla imponente si raccogliesse nel luogo fissato per le esequie e spezzasse i cordoni, mentre un gruppo di donne riusciva a raggiungere il cimitero e a deporvi mazzi di fiori rossi attraverso le inferiate e sotto le ami dei militi».
Colpita gravemente alla schiena dai militi fascisti, Livia Venturini spirerà invece, dopo una penosa agonia, alle tre del pomeriggio del 13 giugno, a casa della sorella Linda, a Bubano. Aveva 32 anni. «Il funerale in forma civile – racconta il partigiano Graziano “Mirco” Zappi, nel suo libro “La rossa primavera” – si tenne a Bubano il giorno quindici. C’era una grande folla di donne e di uomini, e c’erano tanti fiori, bianchi e rossi (NELLA FOTO). Accanto alla bara camminavano il fratello Amilcare, le sorelle Linda e Rina, le dirigenti comuniste Nella Baroncini, Adelfa Rondelli, Prima Vespignani, Mafalda Contavalli Andalò, Stellina Tozzi, e tante compagne e compagni di Sesto, Osteriola, Mordano, Bubano. Nascosto tra la gente c’era pure Livio».
Il corteo funebre si mosse dalla casa di via Lume 49 e raggiunse il centro della borgata, svoltò per via Chiesa e presa la stradina del cimitero. «I fascisti non si fecero vedere. I carabinieri rimasero chiusi in caserma». La bara con la salma di Livia fu deposta in un loculo del cimitero di Bubano, dove rimase fino al 21 ottobre 1945, quando fu riesumata e trasportata a Imola, sulla piazza del municipio (oggi piazza Matteotti). «E lì, allineata con quelle dei caduti della 36ª Brigata Garibaldi, la bara di Livia si trovò accanto a quella su cui era inciso il nome di suo marito Livio».