La fiamma della ribellione al regime fascista arse sempre sotto la cenere grazie all’esempio di coraggiosi e tenaci antifascisti come Lodovico Bulzamini a Mordano e Mario Mondini e Cleto Cavina a Bubano, che affrontarono il carcere, il confino nelle isole di Lipari e Ponza, l’esilio in Belgio e in Francia, senza mai mollare.
Lodovico Bulzamini, da Giovanni e Giovanna Montevecchi, poveri braccianti agricoli, era nato a Mordano il 19 giugno 1889. Bracciante spondino, di scuole appena la seconda elementare. E come tutti i familiari aderì fin da giovanissimo al movimento socialista: erano chiamati «i picciotti».
Servì la patria durante la prima guerra mondiale. Nel dopoguerra fu attivo nel Partito socialista. Alle elezioni amministrative del 1920, che si svolsero tra fine ottobre e inizio novembre (l’appuntamento interessò tutti i Comuni e le Province del vecchio territorio nazionale, essendo tutti gli enti andati in prorogatio a causa del prolungarsi del conflitto e dell’ulteriore rinvio dovuto alla norma che non permetteva di celebrare nello stesso anno le elezioni locali e quelle nazionali), venne eletto consigliere comunale di Mordano. Il 21 giugno 1921 aderì al Partito comunista d’Italia.
Bulzamini partecipò attivamente alla lotta contro lo squadrismo nero e, dopo l’avvento della dittatura, divenne vittima di persecuzioni. Nel 1922, arrestato per il ferimento di cinque fascisti, fu condannato a 14 anni di carcere, ma venne prosciolto dalla Corte d’appello e liberato.
Non sopportando soprusi e minacce, nell’agosto del 1923 emigrò in Francia con tutta la famiglia (moglie e quattro figli) e prese residenza a Gremy. Ma nel 1926 venne sorpreso dalla polizia a una riunione della organizzazione antifascista «Italia libera», ove si raccoglievano fondi in favore della causa di Sacco e Vanzetti, i due anarchici italiani accusati di duplice omicidio negli Stati Uniti e quindi a rischio di condanna a morte (pur innocenti, i due verranno giustiziati sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927), e per questo venne espulso dalla Francia.
Rientrò quindi in Italia con i famigliari. Due mesi dopo, nell’ottobre del 1926, mentre lavorava come manovale alla costruzione del ponte sul Sellustra, nei pressi di Imola, venne fermato e poi arrestato. E il 27 novembre 1926 venne condannato al confino di polizia nell’isola di Lipari, in provincia di Messina, per scontarvi 3 anni. Dopo 14 mesi di domicilio coatto fu rispedito a casa il 23 dicembre 1927 sotto stretta sorveglianza speciale. Il 2 ottobre 1930 emigrò nuovamente, stavolta in Belgio, accompagnato dal nipote ventenne Adelmo Bacchilega, ove portò avanti una intensa attività politica sia a Liegi che a Charleroi, sotto il nome di Bontempo.
Nel dicembre 1936, assieme al nipote, raggiunse la Spagna, dove da qualche mese infuriava la guerra civile, per arruolarsi nell’esercito repubblicano. Il 22 ottobre 1936, il primo ministro spagnolo Francisco Largo Caballero aveva infatti autorizzato la formazione di «brigate internazionali», costituite da volontari stranieri, per difendere la repubblica spagnola dalla sollevazione armata delle truppe di stanza nel Marocco, che stavano rapidamente prendendo il controllo di gran parte del territorio.
«Pareva che la Spagna avesse avuto la funzione di calamita ed attirato a sé provati antifascisti, vecchi e giovani – commenterà un altro esule italiano, l’imolese Ezio Zanelli, pure lui accorso in Spagna -. A Valencia, ad esempio, trovai il caro Bulzamini, di Mordano, il quale, per poter essere accettato come volontario, alterò nei propri documenti i dati di nascita, diminuendosi l’età, essendo troppo anziano per essere accolto nelle formazioni garibaldine».
Ad Albacete, Bulzamini venne aggregato all’Ispettorato sanitario delle Brigate internazionali sul fronte di Teruel e, in seguito, alla Delegazione delle brigate in Valencia. Ma nell’autunno del ’38 il Governo repubblicano decise di ritirare dai fronti tutti i volontari internazionali, nell’illusione che il Comitato internazionale di non intervento avrebbe imposto, come contropartita, il ritiro delle divisioni fasciste italiane e tedesche. Di fatto, era la loro smobilitazione.
In oltre due anni di battaglie, le Brigate internazionali avevano coinvolto circa 60mila volontari, tra cui 4mila italiani. Il 29 ottobre 1938, a Barcellona, si svolse una commossa parata di addio. «Di tutti i popoli, di tutte le razze – dirà Dolores Ibarruri nel suo celebre discorso – veniste a noi come fratelli, figli della Spagna immortale, e nei giorni più duri della nostra guerra, quando la capitale della Repubblica spagnola era minacciata, foste voi, valorosi compagni delle Brigate internazionali, che contribuiste a salvarla con il vostro entusiasmo combattivo, il vostro eroismo e il vostro spirito di sacrificio».
La guerra di Spagna rappresentò per gli antifascisti italiani una tappa fondamentale di una lunga battaglia, iniziata contro lo squadrismo negli anni ’20 e conclusa con la liberazione dell’Italia nel 1945. Infatti, molti dei volontari italiani saranno tra i membri più attivi e capaci della Resistenza.
Lodovico Bulzamini lasciò la Spagna il 14 ottobre 1938 e raggiunse di nuovo il Belgio. Dal giugno 1940, e sino alla Liberazione di quel Paese dai nazisti, partecipò alla Resistenza in Belgio. In suo ricordo, il Comune di Mordano gli ha dedicato una via.
NELLA FOTO: VALENCIA, MAGGIO 1937. GRUPPO DI VOLONTARI
ALL'ESTERNO DELLA SEDE DELLA DELEGAZIONE
DELLE BRIGATE INTERNAZIONALI.
LODOVICO BULZAMINI E' IL SECONDO DA DESTRA