Livia Morini, «Camillina», era nata a Imola il 18 luglio 1923 da Giuseppe e Nerina Foresti. Cresciuta in una famiglia socialista, attraverso i racconti del bisnonno Giuseppe Nanni aveva imparato a conoscere la realtà di Ponte Rosso, «covo di disertori», frazione imolese che vantava una storia di dure lotte sostenute da braccianti e birocciai nel primo Novecento e che non si piegò mai ai soprusi fascisti.
Nella casa paterna conobbe poi i maggiori esponenti del Partito comunista imolese, soliti trovarsi per «serate musicali» che, in realtà, mascheravano riunioni politiche. La sua formazione politica fu quindi il frutto di incontri e di amicizie con esponenti dell’antifascismo imolese.
Gli anni di scuola durante il regime si tramutarono così per Livia in momenti di confronto, ed anche di scontro, tra l’educazione familiare antifascista (il padre e gli zii non si iscrissero al Pnf) e la cultura e l’educazione fascista. «Certi testi, certi temi – racconterà – non solo non venivano discussi a scuola, ma addirittura erano esclusi dall’insegnamento». Le sue lacune storico-filosofiche venivano però colmate dagli amici di famiglia, che le prestavano libri e giornali vietati dal regime (il militante antifascista Raffaele Baroni le fece leggere l’intera collezione di «Paris Soir», che riceveva clandestinamente).
Conseguita l’abilitazione magistrale nel 1941, Livia Morini venne assunta presso l’ufficio annonario del Comune di Imola. Impiego che però fu costretta a lasciare nel dicembre del 1943 in quanto si era rifiutata di iscriversi alla Repubblica di Salò, il regime collaborazionista istituito da Benito Mussolini per servire la Germania hitleriana.
Per scelta consapevole, e «con tutto l’entusiasmo di una ventenne», Livia fece propri gli ideali della Resistenza, anche se la sua piena attività nel movimento resistenziale imolese inizierà soltanto qualche mese dopo, nel maggio del 1944, quando, sfollata presso in nonni paterni, conoscerà Nella Baroncini, con la quale avvierà una stretta collaborazione.
Entrata nei «Gruppi di difesa della donna» col nome di battaglia «Camillina», Livia Morini cominciò a spostarsi insieme a Nella Baroncini per tutta la bassa imolese, sollecitando e organizzando la partecipazione delle donne alle manifestazioni antifasciste. Viaggi che divennero occasione preziosa per entrare nel vivo delle problematiche del mondo contadino ed operaio.
Nella le insegnò a frenare gli entusiasmi giovanili e come affrontare le difficoltà di compiti che via via divenivano sempre più rischiosi ed impegnativi.
Nell’estate 1944, mentre con il padre era addetta alla distribuzione della stampa clandestina, Livia iniziò infatti anche a collaborare con il Cln imolese come dattilografa. Nel settembre 1944 la sua attività si intensificò, affiancando Gianfranco Giovannini nella redazione della stampa clandestina.
Nell’autunno 1944 Livia aderì al Partito comunista e rientrò definitivamente ad Imola. Dopo l’arresto di Walther Tampieri (che, deportato, morirà nel campo di concentramento di Mauthausen), il 29 novembre 1944 l’intera attrezzatura tipografica venne distrutta. La sede redazionale venne allora trasferita da via Garibaldi a via Mameli, in una casa «piena di sfollati», vicina alla sede della brigata nera.
Su richiesta di Ezio Serantoni assunse l’impegno di compilare e riprodurre i notiziari militari ed i bollettini del Cln. Entrata definitivamente in clandestinità, tramite la zia Prima Vespignani («Nadia») Livia mantenne i collegamenti con l’esterno.
Nascosta in un granaio, in poche ore doveva decifrare i bollettini di Radio Londra, scritti a mano da Claudio Montevecchi, individuare nomi e luoghi su un atlante geografico, compilare il notiziario, dattiloscriverlo utilizzando una vecchia macchina, nonostante le difficoltà, la scarsità di tempo, la paura. «Perché questi bollettini erano compilati sotto il naso della brigata nera». E come non bastasse – racconterà – «Serantoni mi diede un secco cicchetto perché nei volantini non osservavo l’estetica!».
Nel marzo 1945 i controlli dei fascisti si intensificarono. La sede di via Mameli venne perquisita alla ricerca di partigiani. Livia, avvertita tempestivamente, distrusse tutto il materiale e, dopo aver occultato la macchina da scrivere, scese dal granaio e insieme ad Enrica Guadagnini assistette alla perquisizione e alla razzia delle vettovaglie.
Nella notte si trasferì di nuovo nella casa di via Garibaldi, semidistrutta. Il 13 aprile Nella Baroncini comunicò l’ordine di tenersi pronte. Nel pomeriggio del 14 aprile 1945 Imola venne liberata. Livia Morini è stata riconosciuta partigiana combattente del battaglione Città della brigata Sap Imola «Rocco Marabini» dal 25 settembre 1944 al 14 aprile 1945.
Dopo la Liberazione ha lavorato per trent’anni come insegnante elementare. Eletta nel Consiglio comunale di Imola come rappresentante del Pci (1956 – 1970) ha ricoperto anche il ruolo di assessore alla Scuola (23 luglio 1958 – 26 dicembre 1960) e, in seguito, la carica di presidente della Casa di riposo.
Nel dopoguerra Livia Morini si è impegnata fortemente nella raccolta di testimonianze di donne e uomini militanti nell’antifascismo e nella Resistenza, di militari italiani e alleati operanti nel territorio imolese, nel registrare storie di vita relative al periodo del secondo conflitto mondiale. La documentazione raccolta è stata utilizzata in molte iniziative e in progetti destinati a mantenere viva la memoria della Resistenza e ad educare alla democrazia.
Particolarmente significativa è stata «La voce della Resistenza», serie di trasmissioni radiofoniche curate da Livia Morini per l’emittente «Radiologica» (4 gennaio 1978 – 31 maggio 1980), con letture di testimonianze e interventi diversi, di cui si è conservato il materiale preparatorio. Documentazione che il marito, Alfiero Salieri, nel 2003 ha donato al Centro imolese di documentazione sulla Resistenza antifascista e Storia contemporanea e che è consultabile.
Documentazione che si articola sui seguenti temi: antifascismo (in particolare si segnalano i documenti relativi ai «ciclisti rossi» ed ai disertori imolesi della guerra 1915-1918); fascismo (con fascicoli sugli antifascisti uccisi nell’imolese e diverse testimonianze); regime totalitario (in particolare le violenze squadriste a Imola durante l’avvento del fascismo e le guardie regie); attività didattica (laboratori per studenti, ricerche sulla Resistenza e corsi di formazioni per insegnanti); pubblicistica e mass media.
Oltre alle trasmissioni su «Radiologica», Livia Morini ha pubblicato anche una serie di articoli sul giornale settimanale imolese «sabato sera», poi raccolti nel volume «… per essere libere…». La prima edizione del libro risale al 1981, edita dalla Cooperativa culturale Anselmo Marabini ed arricchita dalla prefazione dell’onorevole Nilde Jotti, l’allora presidente della Camera dei deputati, prima donna nella storia dell’Italia repubblicana a ricoprire la terza carica dello Stato. Raccolta di articoli poi nuovamente dato alle stampe nel 2013 ad opera della Cooperativa di giornalisti Corso Bacchilega.
Nel luglio 1981 Livia Morini ha assunto la vicepresidenza della sezione di Imola dell’Anpi ed è entrata a far parte del Comitato provinciale dell’Anpi di Bologna. Si è spenta il 20 luglio 2003, a 80 anni, dopo lunga malattia.