La fucilazione del professor D'Agostino impressionò il ceto benestante

La fucilazione del professor D’Agostino impressionò il ceto benestante

Subito dopo l’8 settembre 1943, giorno in cui venne reso noto l’armistizio (firmato il precedente 3 settembre a Cassibile) con cui l’Italia si arrendeva alle forze alleate, i dirigenti del Partito fascista repubblicano di Imola avevano compilato una lista di proscrizione coi nomi di 72 antifascisti da arrestare perché si erano attivati politicamente subito dopo la caduta di Mussolini (avvenuta il precedente 25 luglio 1943) e la fine della dittatura. E tra i 72 nomi vi era anche quello del professor Francesco D’Agostino, primario chirurgo dell’ospedale civile di Imola.

La retata venne organizzata per la notte tra il 14 e il 15 settembre. Però i carabinieri e gli agenti di polizia si rifiutarono di far parte delle squadre che avrebbero dovuto arrestare i proscritti e avvertirono del pericolo imminente quante più persone fu possibile. Racconta lo scrittore Guglielmo Cenni nel suo libro «Imola sotto il terrore della guerra. 25 luglio 1943 – 14 aprile 1945»: «Le operazioni ebbero inizio verso le ore 23. Carri armati, con mitragliatrici e militi della Wehrmacht, circolavano per la città diventata un campo assediato. Dagli autocarri alcuni fascisti mascherati, rimasti più o meno sconosciuti, scendevano a indicare le abitazioni degli indiziati e ad aiutare i tedeschi a forzare le porte».

Grazie alla fuga di notizie, vennero però fermati pochi dei ricercati in lista, subito trasferiti nel carcere di Bologna. E dopo una decina di giorni vennero rimessi tutti in libertà, anche se molti verranno nuovamente arrestati in seguito.

Il professor Francesco D’Agostino era nato il 2 febbraio 1882 a Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza, da Gioacchino Vincenzo, capostazione, e Maria Chiappetta, nobildonna, coppia con numerosa prole, appartenente alla locale comunità arbëreshë, cioè alla minoranza linguistico-culturale italo-albanese, molto radicata in quella zona. Francesco aveva frequentato la scuola con grandi sacrifici. Nel 1901 s’era iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Roma, poi costretto a lasciarla per motivi di famiglia ed a trasferirsi all’università di Napoli, dove il 22 luglio 1907 aveva conseguito la laurea in Medicina.

Gli inizi del suo tirocinio vedono un’alternanza tra ripiegamenti verso la pratica della professione medica in condotte di provincia, per lo più per motivi economici e familiari, e opportunità prestigiose in campo accademico e ospedaliero, ove D’Agostino ben presto si mette in luce e ottiene premi e riconoscimenti importanti, finché la partecipazione ad alcuni concorsi gli apre stabilmente la carriera in ambito ospedaliero.

Appena finito il corso universitario era divenuto infatti medico condotto a Plataci, proprio nel centro dell’area abitata dalla comunità italo-albanese. Ma era stato subito richiamato per il servizio di leva presso la scuola militare di Sanità, a Firenze, dalla quale era stato inviato (col grado di sottotenente medico di complemento del 48° Fanteria) sui luoghi del terremoto che il 28 novembre 1908 aveva devastato Calabria e Sicilia. E lì era stato più volte encomiato per l’abnegazione, lo spirito d’iniziativa e di sacrificio dimostrati nell’opera svolta a favore delle popolazioni colpite.

Durante il primo conflitto mondiale aveva poi prestato servizio medico presso gli ospedali militari delle zone di guerra. Dopo l’armistizio, nel dicembre 1918 l’ospedale civile di Imola lo aveva chiamato a ricoprire provvisoriamente l’incarico di primario chirurgo, incarico di cui diventerà titolare effettivo l’1 dicembre 1920, dopo il concorso che lo vide primeggiare.

Nel frattempo, nel febbraio 1919 era stato chiamato a dirigere, in qualità di capitano medico, l’ospedale militare funzionante a Imola, dove ritornerà allo scoppio del secondo conflitto mondiale col grado di tenente colonnello con l’incarico di organizzare sul posto un ospedale militare territoriale.

Dedicandosi totalmente a quel nuovo compito, D’Agostino avrebbe organizzato in breve tempo e in più edifici, tra i quali la scuola «Carducci», una serie di reparti ospedalieri militari con una ricettività di 1.200 letti, che sarebbe stato chiamato a dirigere, assumendo anche l’incarico di chirurgo capo. E l’abnegazione, la competenza e le capacità organizzative dimostrate in quell’occasione gli sarebbero valsi tre encomi solenni.

La carriera professionale del medico di origine calabrese ormai procedeva a gonfie vele. Negli anni ’20 aveva ottenuto finalmente la libera docenza in medicina operatoria, curava pubblicazioni scientifiche ma anche brevetti, partecipava a congressi medico-chirurgici ed entrava a far parte di importanti società scientifiche nazionali e internazionali.

Amico di Gabriele D’Annunzio sin dal tempo della marcia su Ronchi (11 settembre 1919) e della successiva impresa di Fiume, lo cura amorevolmente quando il poeta perde un occhio, divenendone amico intimo e nutrendo sempre grande ammirazione per il suo fervore patriottico. E corre al suo capezzale quando il vate è vittima, il 13 agosto 1922, di una grave caduta, in pigiama e pantofole, da un davanzale della sua villa di Gardone (nota come il «volo dell’arcangelo»), mentre corteggiava, pare, Jolanda Baccara (ritenuta responsabile dell’accaduto, al di là della versione ufficiale) e che oltretutto era la sorella della sua amante d’allora, la pianista Luisa Baccara. Ed è lo stesso D’Agostino a informare la stampa della sua dedizione al poeta, con una lettera inviata a «La Fiamma», organo del Partito nazionale fascista di Imola.

D’Agostino aveva aderito al fascismo sin dalla sua fondazione. Ma, di fronte a tanti e tali orrori, nel 1943 abbandona clamorosamente il partito, non rifugiandosi però nel silenzio o nella clandestinità, ma professando la sua nuova fede nella libertà. Egli si mette all’opera entrando nel comitato unitario delle forze antifasciste costituitosi a Imola il 25 luglio 1943 col compito di coordinare le manifestazioni di giubilo per la caduta di Mussolini, ponendosi alla testa del corteo durante la grande manifestazione che si svolge nella città del Santerno il 27 luglio 1943.

Racconta lo storico Nazario Galassi nel suo libro «Imola, dal fascismo alla liberazione 1930-1945»: «Ottenuta infatti l’autorizzazione dal comando militare quel comitato decise di indire, per le ore 17, un manifestazione popolare che risultò grandiosa per la partecipazione di 10 mila persone, senza alcuna convocazione. Il corteo, partito dal prato della rocca al canto degli inni risorgimentali, si andò ingrossando, senza il minimo incidente, nel tratto verso la piazza grande con il concorso dei soldati addetti alla sorveglianza e di quanti, usciti dalle porte di casa al suo passaggio, vi si inserirono festanti. Parlarono Romeo Galli, Silvio Alvisi ed Egidio Lenci con inviti all’ordine e alla disciplina».

Stimato da tutti e riconosciuto valido professionista dotato di grande umanità, D’Agostino scuote l’opinione pubblica col suo manifesto dissenso alla politica fascista. Ritenuto particolarmente pericoloso proprio per il suo carisma di cittadino integro, dopo l’8 settembre 1943 i repubblichini e i nazisti cominciano a tenerlo d’occhio e a procurargli seri problemi di sicurezza personale.

Il 10 ottobre, infatti, già dal suo primo numero il settimanale del Fascio repubblichino imolese «La Voce di Romagna» minaccia pubblicamente D’Agostino: «Si invita il ten. colonnello prof. Francesco D’Agostino a presentarsi alla Casa del Fascio per rendere ragione di un suo articolo apparso alcune settimane or sono sul Resto del Carlino. (…) Crediamo che l’invito non preoccupi il colonnello D’Agostino, già fascista e già quasi brevetto della marcia su Roma. Va bene che il 27/7… Beh lasciamo perdere». Il 27 luglio a cui fa riferimento il giornale è il giorno in cui si era svolta a Imola la manifestazione di giubilo per la caduta di Mussolini e del fascismo.

Appena una settimana dopo lo stesso settimanale pubblica una lettera con la quale D’Agostino risponde a un attacco sferrato dai fascisti sul «Corriere della sera» contro D’Annunzio, definito sfruttatore del fascismo. Egli sa bene quanto il suo amico D’Annunzio sia stato inizialmente avverso al fascismo, avendo assistito anche ad un vivace alterco fra il vate e il duce, e conosce le motivazioni che hanno determinato l’allontanamento del Comandante dalla vita politica attiva.

Nella lettera D’Agostino spiega che la caduta della personalità di D’Annunzio e il suo conseguente avvicinamento al fascismo si sono avuti «perché fattori patologici da trauma, aggravato dall’uso di stupefacenti, lo avevano menomato di quelle capacità di inibizione e di autocritica che stanno alla base di ogni attività politica».

Ma difendere l’amico D’Annunzio, essere benvoluto dai cittadini, schierarsi apertamente dalla parte degli antifascisti sono colpe troppo gravi agli occhi dei fascisti, i quali, dopo l’armistizio, lo includono nella lista dei proscritti con cui fare i conti. Prima lo convocano alla Casa del Fascio, dove è oggetto di ingiurie e minacce. Poi lo fanno arrestare il 13 ottobre, rinchiudendolo nella rocca di Rimini.

Dopo l’uccisione del seniore della milizia di Rimini, Fernando Barani, avvenuta il 28 ottobre successivo, D’Agostino il 30 ottobre è trasferito, insieme ai sospetti attentatori, nel carcere di San Giovanni in Monte, dove rimane rinchiuso fino al mattino dell’11 novembre, quando lo stesso comando politico tedesco delle SS lo fa rilasciare per mancanza di prove gravi a suo carico e per l’evidente inconsistenza delle accuse.

I repubblichini, inviperiti per la decisione dei tedeschi, non desistono da attacchi e minacce. Alle 19 dello stesso giorno, quand’egli è appena rientrato nella sua casa, lo arrestano, imprigionandolo nella rocca di Imola. Questa volta il trattamento che subisce è feroce. Rinchiuso in cella d’isolamento, è costretto a dormire senza materasso e a patire il freddo e ogni sorta di minaccia, a pulire la sua cella e quella degli altri carcerati, a vedere la moglie e il figlio ogni quindici giorni sotto stretta sorveglianza, a mangiare la minestra dopo che gli hanno sputato dentro.

Il 9 gennaio 1944 il solito periodico «La Voce di Romagna» lo mette alla gogna, includendolo nella rubrica satirica «Il baraccone dei fenomeni viventi». Gli attacchi sempre più feroci e insidiosi dei repubblichini non intimoriscono D’Agostino, facendogli meritare avvertimenti e minacce sempre più esplicite. Come quella che gli rivolge Alcazar, pseudonimo dietro cui si nasconde un editorialista dello stesso giornale, in un articolo del 23 gennaio successivo: «Difetteranno prima i colpevoli che i plotoni d’esecuzione».

L’ora del medico benefattore e patriota giunge quando i fascisti, prendendo a pretesto l’uccisione del commissario straordinario della Federazione fascista di Bologna, Eugenio Facchini, giustiziato dai partigiani il mattino del 26 gennaio 1944, colgono finalmente l’occasione per eliminare alcuni personaggi di primo piano dell’antifascismo.

Il pomeriggio dello stesso giorno, insieme ad altri prigionieri politici, ammanettato e sotto un’imponente scorta, D’Agostino viene trasferito a Bologna, dove, processato da un improvvisato quanto illegale Tribunale militare straordinario di guerra (appositamente riunitosi sotto la presidenza del generale Ivan Doro), è condannato a morte «per avere dal 25 luglio 1943 in poi, in territorio del Comando militare regionale, con scritti e con parole, con particolari atteggiamenti consapevoli e volontarie omissioni e con atti idonei ad eccitare gli animi, alimentato in conseguenza l’atmosfera del disordine e della rivolta e determinato gli autori materiali dell’omicidio a compiere il delitto allo scopo di sopprimere nella persona del Caduto (il federale Eugenio Facchini) il difensore della causa che si combatte per l’indipendenza e l’unità della patria».

Ma – aggiunge Galassi – «all’uscita dall’aula D’Agostino aveva confidato che, oltre all’articolo in difesa di D’Annunzio, una delazione proveniente dall’ospedale imolese lo aveva accusato di aver fornito medicinali ai partigiani e che dietro quell’oscura macchinazione c’era qualche suo collega interessato».

D’Agostino viene fucilato alla schiena mentre grida «Viva l’Italia» al poligono di tiro di via Agucchi, alle ore 18.00 del 27 gennaio 1944, insieme ad altri sette antifascisti e «traditori dell’idea fascista». «Al ritorno dalla fucilazione una trentina di ragazzotti in abiti civili e con mitra a tracolla marciarono per le vie cittadine concludendo il rito al monumento ai caduti, scortati da elementi del fascio che distribuivano pugni, calci e ceffoni a coloro che non salutavano o non si scoprivano il capo al loro passaggio».

Nessuna pietà, tantomeno giustizia, venivano riservate ai nemici della prima ora quali erano comunisti e socialisti, ma anche a coloro che venivano ritenuti dei traditori. Spiega Galassi: «In particolare l’uccisione di D’Agostino colpì il ceto benestante, che si sentì compreso nell’area di pericolo. Ormai il fascismo minacciava la vita di tutti, non solo dei suoi avversari tradizionali».

Il 30 gennaio successivo, il periodico «La Voce di Romagna» dà notizia dell’eccidio in prima pagina: «Bartolini Alfredo, Bartolini Romeo, Contoli Sante, D’Agostino Francesco, Bianconcini Alessandro, Cesarini Ezio, Marinelli Zosimo, Budini Cesare, Bonfigli Silvio, Missoni Luigi imputati di concorso nel delitto di omicidio con armi in persona di Facchini Eugenio, commissario straordinario della Federazione fascista di Bologna, tradendo il giuramento di fedeltà prestato all’idea e al Duce nella loro qualità di iscritti al Pnf sono stati condannati alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena. La sentenza è stata eseguita in una località della periferia». In verità Sante Contoli e Luigi Missoni non erano stati fucilati ma avevano visto la pena capitale commutata in trent’anni di carcere. Moriranno poi nei rispettivi luoghi di detenzione.

NELLA FOTO: IMOLA, 8 MARZO 1941, IL PRIMARIO FRANCESCO D’AGOSTINO
ACCOMPAGNA LA PRINCIPESSA MARÌA JOSÉ DI SAVOIA, REGINA D'ITALIA,
ISPETTRICE GENERALE DELLA CROCE ROSSA ITALIANA, NELLA VISITA
ALL'OSPEDALE MILITARE ALLESTITO NEI LOCALI DELLE SCUOLE CARDUCCI
(ARCHIVIO CIDRA)