Il partigiano imolese Rocco Marabini fucilato l'1 marzo 1945 a San Ruffillo

Il partigiano imolese Rocco Marabini fucilato l’1 marzo 1945 a San Ruffillo

All’inizio del 1945, con Bologna ancora in piena occupazione tedesca, la piccola stazione ferroviaria di San Ruffillo versava in uno stato di completo abbandono in quanto gravemente danneggiata dalle incursioni dei bombardieri alleati. Bombardamenti che avevano devastato anche il terreno circostante, creandovi ampi crateri. Buche che, fra il febbraio e il marzo 1945, divennero fosse comuni ove far sparire i corpi di decine di detenuti politici lì fucilati segretamente dai militi repubblichini comandati dal tenente Bruno Monti e dalle SS guidate dal sergente Hermann Prader.

Si trattava perlopiù di antifascisti o di partigiani prelevati dal carcere giudiziario di San Giovanni in Monte, ove erano stati rinchiusi a causa del loro impegno politico o della resistenza all’occupante nazista e al suo alleato di Salò. Provenivano sia dalle fila dalle brigate cittadine, sia dalle formazioni operanti in varie località della provincia, fra cui Castelfranco Emilia, Malalbergo, Anzola, Sala Bolognese e Imola. Tra questi ultimi anche il partigiano imolese Rocco Marabini, trucidato assieme ad altri compagni di sventura l’1 marzo 1945.

Rocco Marabini era nato il 7 dicembre 1923 a Imola da Giulio e Stella Zanelli. Falegname alla ditta Castelli, aveva prestato servizio militare in artiglieria a Ferrara dal 6 gennaio all’8 settembre 1943. Dopo l’armistizio era stato tra i primi ad aderire alla lotta partigiana, operando con le formazioni che andranno a costituire il battaglione «Città» della brigata Sap «Imola Santerno», divenendo comandante di compagnia.

Marabini viene arrestato dalle brigate nere la sera del 19 dicembre 1944 nella canonica della chiesa dei Servi, ad Imola, ove aveva trovato rifugio temporaneo, perché ritenuto complice del giardiniere Celso Silimbani, nel cui giardino di via Luca Ghini erano state rinvenute armi appartenenti al movimento partigiano. Il deposito di porta dei Servi era rimasto celato finché le brigate nere, insospettitesi per le continuate frequentazioni di partigiani e noti antifascisti, il 19 dicembre operarono una perquisizione nella sua casa ed in altre abitazioni, scoprendo il nascondiglio.

Rinchiuso nella rocca sforzesca, allora adibita a carcere mandamentale, successivamente Rocco viene trasferito a Bologna, nella famigerata caserma Masini, in via Borgolocchi, covo della Guardia nazionale repubblicana, dove subisce ogni sorta di maltrattamenti. Ma i suoi carcerieri non riescono ad estorcergli informazioni.

Il 7 febbraio 1945 Marabini viene incarcerato (con Antonino Silimbani, figlio di Celso) a San Giovanni in Monte, con la matricola 13179, per ordine dell’ufficio politico del comando provinciale della Guardia nazionale repubblicana, passando dal 9 febbraio a disposizione del «comando tedesco SS», ovvero della Gestapo.

Per ordine dello stesso comando risulta rilasciato dal carcere l’1 marzo 1945 insieme ad altri 9 detenuti. In realtà sono condotti al rudere della stazione di San Ruffillo, dove vengono allineati e mitragliati e i corpi fatti poi rotolare in uno dei crateri di bomba e coperti di terra. I compagni di lotta, per onorarne la memoria, daranno poi il suo nome al battaglione «Pianura» della brigata Sap Imola Santerno.

Gli eccidi saranno scoperti casualmente poco dopo la liberazione di Bologna. Le salme disseppellite dalle «fosse di San Ruffillo» verranno portate al cimitero della Certosa per il riconoscimento da parte dei familiari degli scomparsi. Ma la salma di Rocco Marabini non sarà tra quelle identificate, anche se non vi sono dubbi che egli fu tra le vittime dell’esecuzione dell’1 marzo, che fu solo la terza fra le sei avvenute in quel luogo tra il 10 febbraio e il 21 marzo 1945.

Rocco Marabini è stato riconosciuto partigiano con il grado di sottotenente dall’apposita commissione regionale, con ciclo operativo dall’1 maggio 1944 all’1 marzo 1945.

Gli è stata conferita la medaglia di bronzo alla memoria con la seguente motivazione: «Comandante partigiano attivo e coraggioso, fu sempre tra i primi in molteplici rischiose azioni. Arrestato su delazione e sottoposto a tortura, sopportò stoicamente ogni sevizia opponendo ostinato silenzio ai suoi aguzzini la cui ferocia giunse a decretarne la morte e la dispersione della salma». Imola, 1 maggio 1944 – Bologna 1 marzo 1945

Finita la guerra, l’Amministrazione comunale di Imola ha intitolato una strada al valoroso operaio antifascista. Il suo sacrificio è ricordato nel sacrario di piazza Nettuno, a Bologna, e nel monumento eretto in piazza Caduti di San Ruffillo.

NELLE FOTO: LE VITTIME DEGLI ECCIDI DI SAN RUFFILLO,
SCOPERTI NEI PRIMI GIORNI DI MAGGIO 1945
SONO RICORDATE DA UN MONUMENTO POSTO NELL'OMONIMA PIAZZA