Nell’ambito del programma di iniziative celebrative del 78° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, mercoledì 3 maggio, alle ore 10, avrà luogo una cerimonia commemorativa presso la statua-monumento dedicata agli sminatori, posta in via degli Sminatori, nella Pedagna est. Interverranno Marco Panieri, sindaco di Imola, e Gabrio Salieri, presidente della sezione Anpi di piazzale Giovanni dalle Bande Nere.
Recita la targa ivi apposta: «Questo monumento in memoria dei Caduti nella Bonifica dei campi minati 1944-1948». I combattimenti della seconda guerra mondiale avevano infatti lasciato sul territorio italiano un’enorme quantità di residuati bellici composti da materiali di vario genere, soprattutto munizioni, proiettili, bombe inesplose e una grande quantità di mine, posate su ampie superfici per ostacolare e rallentare così i movimenti delle truppe nemiche.
Compreso il territorio imolese, immediata retrovia della linea Gotica, l’ultima linea difensiva dell’esercito tedesco prima della pianura Padana. Linea difensiva fortificata che si estendeva dal versante tirrenico dell’attuale provincia di Massa-Carrara fino al versante adriatico della provincia di Pesaro e Urbino, seguendo un fronte di oltre 300 chilometri che si snodava lungo i rilievi appenninici.
Il fronte rimase pressoché fermo dalla fine di dicembre 1944 fino all’aprile 1945, quando a partire dal giorno 9 gli alleati sferrarono l’offensiva di primavera che avrebbe portato alla fine dell’occupazione nazifascista dell’Italia. Grazie alla stasi invernale, i tedeschi ebbero però modo di dedicarsi alla repressione del movimento partigiano e al contempo di predisporre un sistema che rallentasse il più possibile l’avanzata del nemico, sistema di cui i campi minati ne furono parte fondamentale.
Già dallo sfondamento della linea Gotica, a guerra non ancora finita, si pose quindi il problema di bonificare subito i territori liberati eliminando i residuati bellici che potevano costituire un pericolo per la popolazione. Dalla formazione del primo nucleo, organizzato spontaneamente all’indomani della Liberazione, fino all’agosto del 1948, intensa fu quindi l’opera degli sminatori civili imolesi, che instancabilmente prodigarono la loro opera per restituire terreni, strade, case, ponti, acquedotti e quant’altro all’uso sociale, rischiando ad ogni istante la loro vita.
Questi uomini, che volontariamente avevano dichiarato «guerra alla guerra», nei 36 mesi di lavoro pagarono un alto tributo di sangue: i feriti furono 6 e ben 11 furono coloro che persero la vita. Una lapide, posta sulla parete del municipio, ne ricorda i nomi: Gildo Scanabissi, Marino Facchini, Primo Masi, Angelo Monti, Niso Gessi, Antonio Cordaro, Celestino Campomori, Giovanni Catalani, Graziano Rebeggiani, Mario Serattini, Amleto Baldisserri