I martiri di Valmaggiore: Giovanni Bertini, Giorgio Poli e Antonio Giorgi

I martiri di Valmaggiore: Giovanni Bertini, Giorgio Poli e Antonio Giorgi

Dopo la liberazione di Firenze, avvenuta il 13 agosto 1944, il doppio attacco alla linea Gotica portò gli inglesi dell’8ª armata verso Rimini, mentre reparti della 5ª armata statunitense attaccarono sul passo del Giogo, verso la vallata del Santerno, sfondando sul monte Altuzzo il 16 settembre ed occupando il successivo 21 settembre quello che rimaneva di Firenzuola, rasa al suolo dai bombardamenti.

La 36ª brigata partigiana Garibaldi Bianconcini fin dal 18 settembre, su ordine del Comitato di liberazione nazionale, era stata suddivisa in quattro battaglioni: quello di Libero Golinelli, posizionato sul monte La Fine, quello di Carlo Nicoli su monte Battaglia, mentre gli altri due erano imbottigliati tra il Sintria e il Lamone, a Ca’ di Malanca. La linea del fronte, ma mano che scendeva lungo le valli, stava infatti riducendo lo spazio di manovra dei partigiani, più adatti alle veloci azioni di guerriglia piuttosto che sostenere scontri con le prime linee nemiche, dotate di artiglierie di grosso calibro e di mezzi corazzati.

Il generale statunitense Clark aveva schierato tre reggimenti della famosa 88ª divisione di fanteria “Blue devils”, comandati dal generale Kendall: il 349° a ovest, in avanzata sulla Piancaldolese e su monte La Fine, dove incontrò i partigiani di Libero Golinelli che, liberando Piancaldoli, la salvarono da massicci bombardamenti che l’avrebbero distrutta; il 351° procedette lungo il fondovalle in direzione di Castel del Rio e di monte Cappello; infine il 350° reggimento, comandato dal colonnello Fry, avanzò lungo la dorsale della Faggiola verso i monti della Croce e Acuto, che occupò il 24 settembre.

Intanto il 3° battaglione della 36ª, comandato da Carlo Nicoli, forte di circa 400 effettivi, si era posizionato sulla dorsale tra monte Battaglia e monte Carnevale, creando un varco proprio nel punto più debole e vulnerabile dello schieramento tedesco in quanto punto di cerniera tra la 10ª armata a est nella valle del Senio e la 14ª armata a ovest nelle valli del Santerno e del Sillaro.

Così in quei giorni i soldati tedeschi si trovarono spesso tra due fuochi a combattere sia i partigiani che i soldati statunitensi. Il 24 settembre le due compagnie partigiane che presidiavano monte Carnevale ebbero un duro scontro con un contingente tedesco di circa 150 effettivi che si stava ritirando da Valmaggiore. I partigiani ebbero la meglio, ma poi dovettero abbandonare la vetta del monte a causa del forte cannoneggiamento aperto dagli alleati, che li avevano scambiati per nemici. Il monte fu così occupato dai tedeschi non appena il fuoco dei cannoni cessò. Ma fu riconquistato il giorno dopo con una azione congiunta, seppur non concordata, da fanti statunitensi e partigiani. Fu così che lo stesso giorno i soldati statunitensi poterono proseguire lungo il crinale, in territorio controllato dai partigiani, fino a monte Battaglia, senza combattere. Mentre a fondovalle il 351° reggimento occupava Castel del Rio. Per tutto il 28 settembre i partigiani, in accordo con gli alleati, presidiarono il lato sinistro dello schieramento, da “Le Briole” a monte Cappello, fino al mattino del 29 settembre quando, loro malgrado, furono ritirati dal fronte ed avviati verso Valmaggiore e Valsalva e poi a Firenze.

E’ in queste giornate di un fronte di guerra movimentato e convulso che si inquadrano le uccisioni di civili a Valmaggiore perpetrate dai soldati della Wehrmacht. Per illustrare i fatti mi sono anzitutto avvalso della bibliografia esistente. Non ho invece potuto accedere agli archivi comunali perché tutto è stato dato alle fiamme dai tedeschi prima del loro ritiro. Ho invece raccolto alcune preziose testimonianze dirette, come quelle fornitemi dal colonnello Lorenzo Raspanti, già importante collaboratore del Comune di Castel del Rio per la realizzazione del locale Museo della Guerra, che all’epoca dei fatti aveva 12 anni ed abitava a Ca’ la Lama, situata a mezza costa tra il monte della Croce e Valsalva.

Il 26 settembre reparti della Wehrmacht ingaggiarono combattimenti durissimi a Valmaggiore di Castel del Rio, con le forze statunitensi, e attorno a monte Carnevale, coi partigiani. Scontri in cui i tedeschi ebbero sempre la peggio. Soldati in ritirata, passando sotto monte Carnevale, si imbatterono in Casemerse di sopra, abitata dalla famiglia Bertini, e in Casemerse di sotto, abitata dalla famiglia Poli: Giovanni Bertini fu ucciso senza un motivo davanti alla moglie e ai due figli di 11 e 12 anni, mentre Giorgio Poli fu ucciso perché accusato di simpatizzare per i partigiani.

Poco diverse le circostanze che portarono all’uccisione del colono sordomuto Antonio Giorgi, quasi sicuramente avvenuta nel podere Valcece, a est di monte Cappello, il 29 settembre. I fanti statunitensi del 350° reggimento si erano insediati a monte Battaglia, mentre i partigiani di Carlo Nicoli, dopo essere stati disarmati, da Valmaggiore erano appena stati avviati sulla via Montanara per il loro trasferimento a Firenze. Ma la contesa tra truppe tedesche e statunitensi per il controllo di monte Battaglia si sarebbe prolungata fino all’1 ottobre con miglia di morti. In un fronte quantomai fluido, con continui attacchi e contrattacchi, avanzate e ritirate, la sera del 29 settembre soldati della Wehrmacht passando per Valcece ordinarono a Gaspare ed Antonio Giorgi di seguirli per aiutarli a costruire postazioni difensive verso Posseggio. Antonio Giorgi, essendo sordomuto, non fu lesto ad eseguire gli ordini e fu ucciso, mentre Gaspare, nella concitazione del momento, riuscì a fuggire.

La drammaticità della guerra si è quindi abbattuta anche sulla piccola comunità di Valmaggiore, uscendone distrutta nel patrimonio abitativo e dispersa negli abitanti. Oggi chi si trovasse a passare sul sentiero 701 del Cai, che dal passo del Prugno porta alla Faggiola, quando incontra il sentiero 707 che sale da Selva d’Osta, stenterebbe a riconoscere, anche morfologicamente, i luoghi di tanti scontri cruenti, adesso ricoperti da un gradevole e fitto manto boscato, mentre allora erano solo nude montagne con qualche zona coltivata a grano, mais, orto e qualche albero da frutto attorno alle case coloniche, oggi tutte abbandonate e ridotte a vuoti scheletri.

Solo le lapidi e i ruderi di monte Battaglia, lo scheletro restaurato della chiesa di Valmaggiore, i cippi dei caduti sono lì a ricordare, anche al viandante disattento, i lutti causati dal passaggio della guerra e il grande valore di una pace conquistata a tanto prezzo, contro i nazisti invasori e i fascisti che avevano precipitato l’Italia in un ventennio di dittatura antidemocratica e razzista. Anche queste vittime civili, poveri contadini delle nostre montagne, meritano di essere ricordati quali partigiani che caddero per difendere le loro famiglie, le loro case, la loro stessa vita dal sopruso che una guerra porta sempre con sé.

Romano Bacchilega

(testo pubblicato sul settimanale «sabato sera» del 18 luglio 2019)

NELLA FOTO: LA CHIESA RESTAURATA DI VALMAGGIORE