«L’appartenenza di Teresa Loreti alle file della Resistenza è legata all’attività che Walter Tampieri (responsabile assieme a Elio Gollini del movimento giovanile comunista imolese) svolge nel campo della stampa-propaganda». Inizia così il capitolo dedicato a «Teresa e Walter» del libro «… per essere libere…», che raccoglie gli articoli scritti dalla partigiana Livia Morini e pubblicati sul settimanale imolese «sabato sera».
Teresa Loreti era nata a Imola il 21 giugno del 1924 da Ercole e Giovanna Linguerri. Dopo aver atteso agli studi elementari, si era iscritta alla scuola di avviamento professionale al termine della quale aveva trovato impiego presso la «Saf», società che gestiva le tratte ferroviarie che collegavano Imola a Massa Lombarda e Imola a Fontanelice.
Durante gli anni giovanili Teresa si era avvicinata all’oratorio della parrocchia di San Giovanni e, col passare del tempo, aveva deciso di iscriversi al circolo della «Gioventù femminile» di Azione cattolica. E fu proprio per la comune militanza nell’Azione cattolica che conobbe e si fidanzò con Walter Tampieri, col quale, successivamente, condivise l’impegno nella lotta di liberazione nazionale.
Dopo lo sbarco in Sicilia degli eserciti anglo-statunitensi, la caduta del regime fascista, l’armistizio e l’occupazione dell’Italia da parte dell’esercito tedesco, Teresa prese contatto con il movimento resistenziale che andava organizzandosi nel territorio imolese. E la sua attività si legò fin da subito a quella di Tampieri, con il quale provvide, già nei giorni che seguirono il 25 luglio del 1943, a diffondere volantini di propaganda antifascista.
«Conobbi Walter – racconterà lei stessa a Livia Morini – quando partecipavamo alla vita della “Gioventù cattolica” dell’oratorio di San Giovanni. Io ero impiegata alla Saf e Walter alla Cogne. E con la scusa di andare a passeggio alla sera, dopo il lavoro, avevamo cominciato a diffondere volantini di propaganda antifascista mettendoli sotto le porte e dentro le finestre delle case. Poi Walter cominciò a spiegarmi i motivi della lotta al nazifascismo e mi chiese di metterlo in contatto con il mio capo ufficio, Gino Cervellati. All’incontro partecipò anche Elio Gollini», il partigiano «Sole», tra i massimi organizzatori cittadini dell’attività resistenziale. E da quel momento il materiale clandestino giunse regolarmente a destinazione, per mezzo del trenino Saf che svolgeva servizio tra Imola e Fontanelice e tra Imola e Massa Lombarda.
Assicurando alla causa della Resistenza sempre maggiore impegno e dedizione, Teresa fu scelta come dattilografa per «La Comune», primo periodico clandestino del Partito comunista nella provincia di Bologna. E fu subito un successo. «Il giornale è sempre più richiesto dai compagni e dai cittadini – scriverà Gollini nel suo “Diario” –. Solo attraverso di esso vengono informati della verità, di quanto accade sui fronti di battaglia e delle sconfitte nazifasciste, della lotta politica e partigiana che si svolge con successo ovunque».
La stampa da preparare via via aumentò, e così l’impegno. Teresa allora reclutò un’altra giovane impiegata, Maria Turrini. Le due ragazze si occupavano di dattiloscrivere gli articoli, che poi Walter consegnava a Claudio Montevecchi. Il quale, nel comitato redazionale de «La Comune», aveva il compito di raccogliere e riordinare il materiale pervenuto.
Il bombardamento di Imola del 13 maggio 1944 costrinse la famiglia di Teresa a sfollare fuori città, in località Molino della Volta. Ma Teresa continuò a mantenere il proprio posto di collaboratrice nella redazione del periodico resistenziale, impegnandosi anche a trovare nuovi canali di diffusione, soprattutto attraverso il suo lavoro presso le ferrovie della Saf, per far giungere la stampa clandestina anche nella vicina valle del Santerno.
«Il mio lavoro alla Saf – racconterà ancora – terminava a mezzogiorno, così dopo pranzo avevo tempo di battere a macchina gli articoli. Nei pomeriggi di bel tempo Walter in bicicletta mi portava del materiale nuovo e ritirava quello già pronto. In caso di maltempo, mettevo i fogli dentro la borsa e li riportavo io a Imola sul treno».
Ma sul finire dell’anno, con l’arrestarsi dell’avanzata degli eserciti alleati, si intensificarono le violenze e gli arresti. Il trenino Saf cessò di funzionare a causa dei bombardamenti alleati e Teresa ritornò a Imola con la sua famiglia. «Walter seguitava a procurarmi il lavoro. Era più che mai prudente. Non mi parlava né dei suoi contatti, né faceva nomi di persone».
Ma, nonostante le precauzioni, Walter Tampieri viene arrestato il 23 novembre 1944. «Era un sabato e gli avevo appena consegnato il materiale pronto per la stampa quando Antonietta Pirazzini venne ad avvisarmi che avevano arrestato Walter. Erano le sette di sera e bisognava avvisare subito Elio. Allora corremmo in via Camillo Zampieri e cominciammo a bussare disperatamente alla porta. Alla madre che era corsa dicemmo: “Avverta Elio di scappare perché hanno arrestato Walter!».
Per la Resistenza imolese il colpo fu durissimo. Nella casa di Tampieri i brigatisti neri sequestrano la macchina per scrivere, le matrici e l’archivio, dove era copia del materiale prodotto fino ad allora. Il nuovo numero, il venticinquesimo, già pronto per la riproduzione, non poté uscire. E da quel momento «La Comune» cessò le pubblicazioni.
Teresa è disperata. «Nonostante la vicinanza del coprifuoco volli andare a casa di Walter. Appoggiato al muro del numero 72 di via Cavour c’era uno dei brigatisti neri più giovani che addentava una mela. “Cosa cerchi?”, mi chiese. “La maestra di dattilografia”, riposi. E intanto guardavo alle finestre dove si intravedevano i brigatisti che si aggirano per le stanze alla luce di una candela. La mattina dopo fui convocata all’Alcazar, sede della brigata nera».
Teresa venne sottoposta a un lungo interrogatorio. Trinceratasi dietro un ostinato silenzio, venne però rilasciata. «Dopo cinque ore, durante le quali il comandante della brigata nera mi aveva agitato continuamente il frustino sotto al naso, mi lasciò andare, non senza prima avermi minacciato». Ma da quel giorno Teresa vide stringersi le maglie del controllo su di lei da parte della polizia fascista.
Costretta ad abbandonare il lavoro di dattilografa (di cui si farà carico proprio Livia Morini), Teresa entrerà a far parte dei «Gruppi di difesa della donna» e, insieme a Nella Baroncini, si impegnerà attivamente per la propaganda antifascista nella campagna imolese, a Bubano, alla Chiavica, alla Volta.
Teresa Loreti è stata riconosciuta partigiana combattente nel periodo compreso dal 4 ottobre del 1943 al 14 aprile del 1945, giorno della liberazione di Imola. Nel dopoguerra è diventata attivista dell’Udi, l’«Unione donne italiane», ha frequentato la scuola di partito ed è diventata responsabile delle ragazze della Commissione giovanile del Pci.
Il fidanzato, Walter Tampieri, dopo essere stato torturato nel carcere della rocca di Imola perché rivelasse i nomi dei compagni di lotta, venne trasferito prima a Bologna, poi nel campo di transito di Bolzano e infine in quello di Mauthausen, dove morì il 24 marzo 1945. Gli verrà poi conferita la Medaglia d’argento al Valor militare alla memoria. «Walter Tampieri non tornerà più. E’ scomparso nell’inferno del campo di sterminio, cenere tra la cenere, un pugno della quale – quanto basta per riempire una piccola urna – è stato, con gesto simbolico, portato a Imola». Si conclude con queste parole il racconto che Livia Morini ha voluto dedicare a «Teresa e Walter».
TERESA LORETI
Una rara immagine di Teresa Loreti (seconda da sinistra), fotografata nel 1947 per le vie di Praga in occasione del primo Festival mondiale della Gioventù. Fotografia tratta dal libro «… per essere libere…».
IL PERIODICO COMUNISTA «LA COMUNE»
L’1 gennaio 1944, in piena occupazione nazifascista, a Imola uscì il primo numero del periodico comunista «La Comune», diretto da Claudio Montevecchi («Ido») e con un comitato redazionale formato da Aldo Cucchi, Antonio Meluschi, Renata Viganò e Carlo Nicoli. Le copie del primo numero, dattiloscritte, furono 25; aumentarono poi gradatamente fino a 80 in maggio, quindi, con l’ausilio di un vecchio ciclostile, fino a 250 nell’estate. A fine maggio Montevecchi e gli altri componenti della redazione, ricercati dai fascisti, furono costretti ad allontanarsi da Imola, cosicché la direzione del giornale «La Comune» e la responsabilità della stampa-propaganda per la zona imolese passò a Elio Gollini («Sole»).
Nel novembre 1944, dopo l’arresto dell’avanzata alleata e la ripresa in grande stile dei rastrellamenti, l’apparato stampa fu duramente colpito e «La Comune» non uscì più. I due gappisti addetti alla protezione dei centri di produzione e smistamento, Rino Ruscello e Marino Dalmonte, morirono a Ca’ Genasia combattendo contro i tedeschi che li avevano scoperti e circondati. I sappista Walter Tampieri, addetto alla preparazione delle matrici, fu arrestato, torturato e deportato a Mauthausen, unitamente ad altri giovani, e scomparve nella «notte e nebbia» di quel campo di sterminio nazista.
FERROVIA MASSA LOMBARDA – FONTANELICE
La linea Massa Lombarda – Imola – Fontanelice, lunga complessivamente 34,143 chilometri, era una ferrovia in concessione a binario unico a scartamento normale, che fu realizzata in due lotti a distanza di 18 anni, tanto che i due tratti furono gestiti in modo indipendente: nel 1916 venne attivato il tratto Imola – Fontanelice, mentre solo nel 1934 fu aperto il tronco Massa Lombarda – Imola. Il progetto originario prevedeva anche un ulteriore prolungamento da Fontanelice a Castel del Rio, che però non fu mai realizzato.
Concessa con regio decreto nº 303, del 3 maggio 1914, alla Siface di Milano (Società italiana ferroviaria anonima costruzioni ed esercizi) la linea entrò in esercizio il 13 novembre 1916 nel tratto iniziale Imola – Fontanelice, lungo 17,967 chilometri. Nel 1924 la Siface venne riorganizzata, divenendo la Saf (Santerno anonima ferroviaria) e spostando la sede sociale a Imola.
L’1 novembre 1934 fu aperto all’esercizio il secondo tronco della linea, da Massa Lombarda a Imola, lungo circa 17 chilometri. Nello stesso periodo entrarono in servizio due automotrici e una locomotiva di costruzione Ganz che permisero di sostituire le locomotive a vapore in servizio sino ad allora.
Stazioni e fermate dell’intera linea erano poste a Massa Lombarda, Buttacece, Mordano, Bubano, Chiavica-Volta, Reggiana, Bicocca, Maglio, Poiano, Imola, Palazzi, Linaro, Ponticelli d’Imola, Mezzocolle, Fabbrica, Casalfiumanese, Riviera, Borgo Tossignano, San Giovanni, Fontanelice.
Resa inutilizzabile dai bombardamenti alleati, negli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale la ferrovia venne smantellata dalla popolazione civile e dai militari tedeschi, che utilizzarono il materiale così ricavato per la costruzione di rifugi o di fortificazioni militari. Nel dopoguerra la ferrovia non riuscì più a rinascere e venne sostituita da servizi di trasporto su gomma anziché su rotaia.
Nella foto: via Selice all’altezza del sottopasso ferroviario, nella cui sede correva il binario della tratta Massa Lombarda – Imola gestita dalla Saf.