Lo scorso 1 marzo, nell’anniversario della morte, abbiamo ricordato Rocco Marabini, partigiano imolese fucilato l’1 marzo 1945 a Bologna e fatto sparire nelle fosse di San Ruffillo. Era stato catturato il precedente 19 dicembre 1944, assieme ad altri compagni di lotta, a seguito della scoperta da parte delle brigate nere di un deposito di armi del movimento partigiano celato nel giardino di Celso Silimbani. Giusto ricordare anche la triste sorte che toccò a quest’ultimo a seguito di quegli eventi.
Celso Silimbani, «Ricò», da Raffaele e Francesca Guerrini, era nato il 10 settembre 1898 a Imola. Giardiniere, militante antifascista durante il regime, fu tra i primi organizzatori della Resistenza nell’imolese dopo l’8 settembre 1943. A lui erano stati affidati, tra l’altro, i servizi logistici della brigata Sap «Imola Santerno».
Dopo l’armistizio tra l’Italia e gli anglostatunitensi ed il dissolvimento del regio esercito, Silimbani, con l’aiuto del figlio Antonio e di Celso Marabini, aveva provveduto a nascondere le armi recuperate seppellendole nel giardino della propria casa, in via Luca Ghini. Deposito che rimase celato fino al dicembre 1944 quando le brigate nere, insospettitesi per la continuata frequentazione di partigiani e noti antifascisti, la sera del 19 dicembre 1944 operarono una perquisizione nella sua casa ed in altre abitazioni scoprendo il nascondiglio.
Arrestato assieme al figlio e ad Adolfo Boschi, Rocco Marabini, Pietro Maranini e Amilcare Rossi, venne tradotto nella sede della brigata nera, ove subì percosse e minacce. Trasferito nella rocca sforzesca di Imola, allora adibita a carcere mandamentale, subì sevizie e maltrattamenti tali che sette giorni dopo si spense tra le braccia del figlio, su un mucchio di paglia, tra atroci spasimi.
Riconosciuto partigiano con il grado di sottotenente dall’1 maggio 1944 al 26 dicembre 1944, gli è stata conferita la medaglia di bronzo alla memoria con la seguente motivazione: «Fervente patriota, dedicava tutto se stesso alla lotta di liberazione, assumendo anche il rischioso compito della custodia e della distribuzione delle armi ai partigiani. Catturato insieme al figlio, subiva, alla presenza di questi, atroci torture fino al sacrificio supremo, affrontato in nome della libertà della Patria».
Non ancora paghi, i brigatisti neri trasferirono Antonio Silimbani e gli altri tre nella tristemente nota caserma Masini di Bologna, dove li sottoposero ancora a supplizi. L’1 marzo prelevarono Rocco Marabini e lo portarono nella semidistrutta stazione ferroviaria, ove lo assassinarono assieme ad altri compagni di sventura, facendone poi sparire i corpi dentro un cratere di bomba.
LA SALMA DI CELSO SILIMBANI E’ TUMULATA NEL SACRARIO DEDICATO AI «CADUTI DELLA RESISTENZA» CHE SI TROVA NEL CIMITERO MONUMENTALE DI PIRATELLO