26 febbraio 1945. Quel giorno la zona di Sesto Imolese viene investita da un grande rastrellamento messo in atto dai nazifascisti per catturare una serie di partigiani a loro noti grazie alle informazioni fornite da infiltrati e delatori.
Le SS, tra urla e spinte, radunano nella piccola frazione di Osteriola la popolazione locale e le persone arrestate durante i controlli e le perquisizioni nelle case. E le persone trattenute vengono rinchiuse per la notte all’ultimo piano di un edificio adibito a magazzino.
Tra loro ci sono anche Armando e Vittorio Gardi, padre e figlio. «Mio padre e io – racconta Vittorio, classe 1930 – eravamo sdraiati sul pavimento sopra una coperta, uno vicino all’altro. Nessuno parlava, data la presenza sospetta di tre forestieri, due uomini e una donna, che, con la scusa di scambiare quattro chiacchiere, cercavano di convincerci a fornire ai tedeschi le informazioni che questi volevano. La mattina successiva i tre erano spariti, mentre noi venimmo caricati su due carrette trainate da cavalli e portati in una casa colonica di Cantalupo, dove aveva sede un comando della Feldgendarmerie. Tra questi c’eravamo io e mio padre, e poi Zelino Frascari e Otello Cardelli, mentre Angelo Volta venne inviato direttamente a Bologna».
I giorni successivi sono terribili. «Ci chiusero in due stanze al pianterreno. I primi due giorni ci lasciarono senza bere e mangiare. Poi cominciarono gli interrogatori. A turno, quasi tutte le notti, ci portavano di sopra. Prima le domande, sempre quelle: dov’è Aldo (Aldo Afflitti, comandante delle Sap), chi sono i capi, dove sono le armi… Poi le botte e le cinghiate. Più volte io e mio padre dovemmo assistere alle torture l’uno dell’altro. Poi quando erano stanchi ci riportavano giù, pesti e sanguinanti».
Un supplizio che pare non avere mai fine. Finché – continua Vittorio – «il pomeriggio dell’undicesimo giorno vennero a prelevare mio padre ed Otello Cardelli. Babbo mi abbracciò dicendomi: “Se vai a casa stai vicino alla mamma”. Dopo di che li trascinarono via. Disperato, chiesi di andare in bagno e, uscendo, vidi una motocarrozzetta che si accingeva a partire con un tedesco alla guida, un altro seduto dietro e nel carrozzino laterale, legato e ammanettato, c’era Otello. Più in là un’altra moto, con mio padre nel carrozzino, anch’egli legato e ammanettato. Li portavano a Bologna. Tentai di avvicinarmi per un ultimo saluto, ma mi venne impedito. Quella fu l’ultima volta che vidi mio padre, vivo».
A Bologna Armando Gardi risulterà detenuto dapprima nella caserma di via Borgolocchi, che fungeva anche da carcere e sede della famigerata 23ª brigata nera «Eugenio Facchini», poi, dal 9 marzo, nel carcere di San Giovanni in Monte, dove è registrato con la matricola 13429 a disposizione del «comando tedesco SS».
Per ordine dello stesso comando risulterà poi rilasciato dal carcere cittadino il 16 marzo 1945 e consegnato ad «agenti tedeschi» assieme ad altri 9 detenuti: 8 lì trasferiti da Imola, Otello Cardelli, Ugo Coralli, Zelino Frascari, Vladimiro Gollini, Walter Grandi, Enea Loreti, Angelo Volta e Vittorio Zotti; più Francesco Cristofoii, arrestato a Bologna, in centro città, mentre percorreva via Rizzoli. Da quel momento di loro non si saprà più nulla.
Finita la guerra, i familiari iniziarono le ricerche. «Si rincorrevano tante voci, per lo più infondate», ricorda Vittorio Gardi. L’eccidio dei partigiani imolesi verrà scoperto casualmente. «Un giorno – ricorda ancora Vittorio – ci riferirono che nei pressi della stazione ferroviaria di San Ruffillo avevano trovato dei corpi che affioravano dal terreno e che non erano stati ancora identificati. Allora mia madre, Attilio Volta e altri si recarono a Bologna».
Anche la salma di Armando Gardi sarà riconosciuta tra quelle portate al cimitero della Certosa provenienti dalle «fosse di San Ruffillo, luogo quest’ultimo dove in sei date – il 10 e 20 febbraio, poi l’1, il 2, il 16 e il 21 marzo – le SS dell’Aussenkommando Bologna avevano ucciso segretamente e fatto sparire i corpi di ben 94 detenuti del carcere cittadino. «Visionando gli oggetti personali rinvenuti su quei poveri resti mia madre riconobbe un pezzo di velluto scuro della giacca di mio padre e – conclude Vittorio – fu chiara la terribile sorte toccata ai quattro di Osteriola: erano stati uccisi».
Armando Gardi era nato il 18 maggio 1901 a Sesto Imolese, frazione di Imola, da Luigi e Rosa Landi. Bracciante, aveva aderito alla Resistenza, entrando nel Battaglione «Pianura» della Brigata Sap «Imola». E’ stato riconosciuto partigiano dall’apposita Commissione regionale, con ciclo operativo dal 22 maggio 1944 al 16 marzo 1945, giorno della sua uccisione.
Gli è stata conferita la Medaglia di bronzo al Valor militare alla memoria con la seguente motivazione: «Strenuo combattente della libertà, fin dagli inizi partecipava strenuamente al movimento di resistenza, come organizzatore ed esecutore di ardite azioni di guerra. Catturato nell’adempimento di una missione e sottoposto ad atroci torture, senza che nulla di compromettente uscisse dalle sue labbra, veniva barbaramente fucilato davanti alla fossa che gli era stata fatta scavare con le proprie mani. Imola, 22 maggio 1944 – Bologna, 16 marzo 1945».
SACRARIO DI PIAZZA NETTUNO
Armando Gardi è ricordato nel memoriale di piazza del Nettuno, dedicato ai partigiani di Bologna e provincia che hanno sacrificato la propria vita durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo. Il sacrario, composto da tre grandi cornici contenenti più di duemila formelle in vetroceramica, è collocato sulla parete di palazzo d’Accursio, sede del Comune, che affaccia su piazza del Nettuno, sul fronte della biblioteca Salaborsa.
La fotografia qui proposta ritrae il partigiano Vittorio Gardi, classe 1930, figlio di Armando Gardi, davanti alle formelle tra le quali c’è anche quella dedicata a suo babbo, ucciso a San Ruffillo.
MONUMENTO AL PARTIGIANO
Il monumento al Partigiano di piazzale Leonardo da Vinci (la rotonda di viale Dante) è uno dei luoghi di Imola ove si svolgono le celebrazioni per l’anniversario della Liberazione e in memoria dei caduti della Resistenza, organizzate dal Comune di Imola e dalla sezione locale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
L’Anpi di Imola fin dal 1945 decise la realizzazione di un monumento commemorativo della Resistenza, per ricordare i tanti partigiani imolesi morti per la Libertà. Monumento che venne finanziato tramite una sottoscrizione popolare.
Della sua ideazione fu incaricato lo scultore Angelo Biancini, famoso artista di Castel Bolognese, che realizzò una statua in bronzo. L’opera venne inaugurata con una cerimonia molto partecipata il 12 maggio 1946. Nel 1973 ci fu poi un secondo momento pubblico attorno al monumento: l’Anpi imolese decise infatti di promuovere una nuova raccolta fondi per corredare il monumento di quattro lapidi con riportati i nomi dei 107 caduti imolesi nella lotta di Liberazione. L’occasione fu il trentesimo anniversario dell’8 settembre, data simbolo per l’inizio della Resistenza
Nella foto: il figlio, Vittorio Gardi, durante la cerimonia del 25 Aprile, posa un rametto di alloro, tratto dalla corona commemorativa, vicino al nome del babbo, Armando Gardi, trucidato dai nazisti a San Ruffillo.
SACRARIO AI CADUTI DELLA RESISTENZA
Dopo la fine della guerra, nel cimitero monumentale di Piratello venne realizzato un sacrario dedicato – spiega la scritta al suo ingresso – «Ai caduti della Resistenza», ove sono poi stati tumulate le salme di antifascisti e partigiani morti durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo.
Nella foto: il partigiano Vittorio Gardi, classe 1930, davanti alla tomba del babbo, Armando Gardi, ucciso a San Ruffillo, la cui salma è tumulata nel sacrario intitolato «Ai caduti della Resistenza», realizzato nel cimitero di Piratello.
SEDE ANPI DI IMOLA
All’esterno della sede di Anpi Imola, in piazzale Giovanni dalle Bande Nere, a lato dell’ingresso c’è una lapide in marmo dedicata a partigiani e antifascisti imolesi che «caddero combattendo o furono barbaramente fucilati a Bologna». Tra questi i dieci patrioti che furono trucidati – in due date – nella stazione ferroviaria di San Ruffillo, tra i quali Armando Gardi, Medaglia di bronzo al Valor militare alla memoria.
LAPIDE DI OSTERIOLA
Il nome di Armando Gardi compare anche nella lapide commemorativa che si trova nella frazione imolese di Osteriola, sulla parete esterna della casa (numero civico 190) posta in prossimità dell’incrocio tra le vie San Vitale e Correcchio Inferiore. Inaugurata il 26 febbraio 2017, in sostituzione di precedenti lapidi lì poste, ricorda i partigiani di Osteriola, o caduti in tale frazione imolese, durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo.
MONUMENTO DI SAN RUFFILLO
A Bologna, in piazza Caduti di San Ruffillo, si erge il cippo monumentale che ricorda le vittime delle fucilazioni avvenute sul finire della seconda guerra mondiale tra le rovine della vicina stazione ferroviaria di San Ruffillo. Monumento lì collocato nel 1967 in sostituzione del monumento che, dal 1946, sorgeva sul terrapieno della ferrovia nei pressi della stazione e che è stato dismesso.
Sulla faccia principale del monumento attuale si legge l’iscrizione: «Da queste fosse rosse di sangue risuona la voce dei partigiani trucidati dai nazifascisti ad ammonire i vivi che non c’è civile grandezza senza libertà ed amore».
Sugli altri tre lati del cippo sono riportati i nominativi delle vittime divisi per comune di provenienza: Castelfranco Emilia; Imola e Bondeno; Bologna, Malalbergo e Anzola dell’Emilia.
LAPIDE IN VIA MURRI
A Bologna, in via Augusto Murri 158, c’è una lapide murata nella parete esterna della scuola statale «Clotilde Tambroni». Lapide che «i compagni di lotta» hanno dedicato «ai gloriosi martiri caduti per la libertà dei popoli». Tra i nomi lì ricordati anche quelli di undici partigiani imolesi, tra i quali Armando Gardi.
STRADA INTITOLATA AD ARMANDO GARDI
Il Comune di Imola ha intitolato al partigiano Armando Gardi una strada della frazione di Sesto Imolese.