Il 6 maggio 2024 ci ha lasciato Antonia Pirazzini, nome di battaglia «Tona», una delle ultime partigiane imolesi ancora viventi, le cui esequie si sono svolte venerdì 10 maggio. Antonia era nata il 26 febbraio 1925 a Imola da Guglielmo e Maria Ancherani e durante la guerra di liberazione dal nazifascismo aveva militato nel Battaglione «Rocco Marabini» della Brigata Sap «Santerno-Imola».
Determinanti per l’adesione di Antonia Pirazzini al movimento partigiano fu la frequentazione del laboratorio della sarta Adria Carletti e le chiacchierate con la sorella di lei, la militante antifascista Antonietta Carletti (nome di battaglia «Alma»), che l’aveva informata «sulla gravità della situazione» e resa consapevole della necessità che anche per le donne era giunta «l’ora di svegliarsi».
Grazie a Nella Baroncini e Prima Vespignani, Antonia era entrata così a far parte dei «Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti per la libertà», organismi unitari aderenti al Comitato di liberazione nazionale e che nei mesi dell’occupazione nazifascista promossero manifestazioni per rivendicare la fine della guerra.
E il 29 aprile 1944, proprio in occasione di una manifestazione organizzata a Imola per rivendicare «pane e pace», la dirigente Nella Baroncini le affidò il primo incarico importante. «Quando fummo in piazza – racconterà Antonia nel libro “… per essere libere…” scritto da Livia Morini – Nella mandò me e Adria Carletti a chiamare le operaie della Ceramica. Andammo, ma i dirigenti non le fecero uscire. Riuscimmo ad ottenere solamente una rappresentanza di due o tre operaie. Stavamo ritornando verso la piazza quando in via Appia incontrammo gruppetti di donne sconvolte. Ci dissero: “Hanno ammazzato due donne, una di loro aveva sette figli”. Adria, disperata, temette che fosse sua madre Clorinda, che era stata scelta per far parte della delegazione inviata a portare la protesta delle donne e che era anch’essa madre di sette figli. Quando arrivammo nella piazza trovavamo le donne arrabbiate riunite in capannelli attorno ai poliziotti in borghese che stazionavano sul luogo dell’eccidio».
Era stato l’intervento dei militi repubblichini a far precipitare la situazione. Questi, per impedire alle manifestanti l’accesso al palazzo comunale, non avevano esitato ad aprire il fuoco. Due donne, colpite dai proiettili, si erano abbattute sul selciato: Maria Zanotti, che spirerà di lì a poco mentre la stavano portando all’ospedale su un carretto trainato a mano, e Livia Venturini, ferita gravemente alla colonna vertebrale, che morirà dopo una penosa agonia a Bubano, nella casa di una sorella che l’aveva ospitata con la piccola figlia Vanda.
Quel tragico accadimento spinse «Tona» ad impegnarsi ancor di più nella lotta contro l’oppressione. Così, a bordo della sua vecchia bicicletta con le gomme piene («Era una fatica da matti pedalare lì sopra», dirà poi), incominciò a trasportare armi e munizioni nelle varie basi partigiane assieme alla bubanese Masca Cavina. Attività che nell’autunno 1944 non conobbe sosta nonostante i continui rastrellamenti operati dalle brigate nere. E toccherà a lei dare l’allarme quando verrà perquisito l’appartamento in via Cavour abitato da Walter Tampieri, luogo ove veniva preparata la stampa del giornale comunista clandestino «La Comune».
«In quei giorni – racconterà Antonia sempre nel libro di Livia Morini – ero la staffetta di Renzo Ravaglia, che abitava di fronte a Tampieri. Quando Walter fu arrestato, Enzo mi mandò prima ad avvertire Teresa Loreti, poi Elio Gollini. Sulla via Selice incontrai Nerio Cavina, che sapevo legato al movimento partigiano. Gli dissi: “Hanno arrestato Tampieri!”». Incontro che risulterà provvidenziale. Infatti Cavina cambiò immediatamente strada, dirigendosi verso la periferia di Imola, ed evitando così di essere preso anche lui.
Riconosciuta partigiana dal 30 aprile 1944 al 14 aprile 1945, una intervista filmata di Antonia Pirazzini è entrata far parte del «Memoriale della Resistenza italiana», creato nell’ambito del progetto multimediale «Noi, partigiani». Progetto «di ricerca storica e d’impegno morale» ideato e realizzato dai giornalisti Gad Lerner e Laura Gnocchi, a cui l’Anpi nazionale ha aderito, mettendo a disposizione dei ricercatori il proprio archivio e, soprattutto, la propria anagrafe degli iscritti.