Nel settembre 2022 una delegazione della sezione Anpi «Mario Jannon» di Condove era stata ospite della sezione Anpi di Imola e del Cidra, il Centro imolese documentazione Resistenza antifascista e Storia contemporanea, per la presentazione del libro «Percorsi di viaggio con il museo valsusino della Resistenza Anpi Condove Caprie», curato da Aurora Tabone, Franco Boetto e Luciano Midellino.
E siccome da cosa nasce cosa, l’Anpi di Imola, assieme a Spi-Cgil Tempo Libero e all’Associazione PerLeDonne, ha organizzato una gita commemorativa in val di Susa svoltasi sabato 26 a domenica 27 agosto, quando Condove ha ricordato i 16 giovani partigiani della 114ª brigata Garibaldi che vennero uccisi dai nazifascisti il 20 aprile 1945 nella conca di Vaccherezza, in val di Susa, a una trentina di chilometri da Torino. Commemorazione che, da tradizione, si svolge appunto l’ultima domenica di agosto, perché ad aprile, su quei monti, tutto è ancora sepolto dalla neve, come in quella primavera di 78 anni fa, quando le locali formazioni partigiane furono messe ancora una volta a dura prova.
Pochi mesi prima, il 15 novembre 1944, si erano formate ufficialmente la 113ª e la 114ª brigata Garibaldi che, di fatto, assicuravano un presidio partigiano su tutta la montagna di Condove e Caprie. La prima formazione era affidata al comandante Alessio Maffiodo, la seconda era guidata da Carlo Ambrino («Negro») e da Giuseppe Cugno («Pino») ed era composta da 120 uomini, organizzati in cinque distaccamenti, ciascuno dei quali agli ordini di comandi diretti.
Da quando era nata, la 114ª aveva messo a segno con regolarità azioni di guerriglia e ed era riuscita a superare con grande determinazione anche tentativi di rastrellamento. Brillanti risultati che avevano ingenerato fiducia nelle proprie capacità militari e organizzative.
Nell’aprile del 1945 la completa Liberazione del nord Italia appariva ormai imminente e le formazioni partigiane andavano via via concentrandosi nelle grandi città, come Milano e Torino, per l’insurrezione finale. Ma così facendo, si venivano ad indebolire gli schieramenti organizzati sulle montagne, esponendoli agli attacchi nemici. Ed è quanto avvenne sui monti della val di Susa.
Il 18 aprile venne segnalato un imminente attacco in forze a opera dei tedeschi e dei militi della Rsi, per effettuare «la pulizia finale» da Caprie a Borgone. Messa in allarme, la popolazione locale cercò di mettersi al sicuro: i pochi uomini anziani si rifugiarono in una vecchia miniera di calce, mentre le donne e i bambini si ripararono nelle stalle dopo aver liberato le mucche nei prati. Ma alla 114ª si decise di rimanere e di combattere.
Una decisione che non fu comunque facile, né scontata: pesarono la volontà di proteggere i civili dalle rappresaglie e il fatto che i distaccamenti della brigata erano distanti e sparpagliati. E in caso di pericolo i gruppi si sarebbero potuti ritirare nella zona della Lunella, una montagna di 2.772 metri.
L’attacco ebbe inizio il 20 aprile, al far del giorno, quando più di 5.000 uomini, tra tedeschi e alpini fascisti della Monterosa, iniziarono un imponente rastrellamento tra il colle della Portìa e il vallone del Gravio. Rastrellamento che ben presto si rivelò una trappola mortale per i partigiani. L’accerchiamento fu pressoché totale e la 114ª si venne a trovare stretta in una morsa «di ferro e fuoco».
Il grosso riuscì a scamparla raggiungendo l’unico buco nella maglia degli assedianti: le pendici di Punta Lunella, sulla catena che divide la val di Susa dalle valli di Lanzo. Altri cercarono di salvarsi sfruttando nascondigli offerti dal terreno, ma i nemici disponevano di cani addestrati nella ricerca delle persone, con l’ausilio dei quali potevano scovare quei partigiani che avessero cercato rifugio in caverne naturali della montagna o in altro genere di nascondigli.
Tragico l’epilogo. I morti nella conca di Vaccherezza saranno 13, mentre altri tre giovani verranno uccisi al colle della Portìa. Il più anziano aveva 32 anni, il più giovane appena 17. Sulla facciata sgretolata della ex scuola comunale della Rocca, sede della 114ª, ancora oggi sono visibili le tracce dei colpi di mitraglia sparati dai nazifascisti, come sulla ex scuola di Maffiotto e su quella di Valgravio.
Com’è consuetudine, la cerimonia in ricordo di quei caduti si doveva svolgere l’ultima domenica di agosto vicino al sacrario fatto realizzare dalla sezione dei partigiani di Condove-Caprie tra il rio Balmosello e il colle della Portìa, a 1.600 metri di altitudine. Un appuntamento che si rinnova ogni anno in quello splendido scenario, alla presenza di cittadini, rappresentanti dei Comuni, delle sezioni Anpi del territorio e di associazioni. Ma la minaccia di cattivo tempo ha spinto gli organizzatori a spostare prudentemente la cerimonia a Condove, presso il mercato coperto di piazza I Maggio.
Cerimonia alla quale ha preso parte anche la numerosa delegazione imolese. Una partecipazione oggi più forte e sentita che mai, in un momento storico che mette di fronte a sfide sempre più difficili per la democrazia e la difesa della Costituzione, dei valori della Resistenza e dei principi di umanità e solidarietà.
«E’ necessario che Anpi di territori diversi collaborino tra loro perché l’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha, oggi più di ieri, l’importante compito di spiegare ciò che è stato e di tramandarne la memoria alle nuove generazioni – ha tenuto a rimarcare Daniela Martelli, a nome della delegazione di Imola –. Perché stanno via via venendo a mancare, per ragioni anagrafiche, i testimoni diretti di quegli eventi. Perchè vi è chi tenta in ogni modo, ogni giorno, in qualsiasi occasione, di rivisitare la storia, di mistificare l’accaduto. Sta quindi a noi tutti continuare a tramandare la verità dei fatti e la giustezza della scelta che fecero i partigiani, continuando a ricordare le battaglie che essi combatterono, ma soprattutto chi cadde per un’idea di libertà».