Anacleto Cavina fu l'ultimo a cadere, poi Imola fu libera

Anacleto Cavina fu l’ultimo a cadere, poi Imola fu libera

Dopo una cauta avanzata, tra l’11 ed il 14 aprile del 1945 le avanguardie dell’esercito alleato sono armai giunte alle porte di Imola. A seguito dello sfondamento delle linee difensive sui fiumi Senio e Santerno, l’esercito tedesco è ovunque in rapida ritirata. I Gruppi di combattimento italiani affiancano i soldati polacchi del 2° Corpo d’armata, mentre i reparti statunitensi della 5ª Armata scendono seguendo la valle del Santerno.

Nelle prime ore del pomeriggio del 14 aprile gli ultimi soldati tedeschi stanno lasciando la città del Santerno. Ma vicino a piazza dei Servi, in uno scontro con una pattuglia di retroguardia, muore il partigiano Anacleto Cavina.

Anacleto Cavina è l’ultimo partigiano che viene ucciso dentro la città. Poco dopo i soldati polacchi della 3ª Brigata della 5ª Divisione «Karpacka» entrano da porta dei Servi. Il primo reparto raggiunge piazza Maggiore (l’attuale piazza Matteotti) alle ore 17 e 15, accompagnato da alcuni gappisti.

Anacleto, comunemente conosciuto come Cleto, era nato a Bubano, frazione del Comune di Mordano, il 2 novembre 1895, da Roberto Cavina e Gertrude Bergamini. Di idee socialiste, nel 1921 aveva aderito convintamente al Partito comunista. Era un militante attivo e durante il regime venne duramente perseguitato, sia dagli squadristi neri, sia dalle forze dell’ordine, che lo arrestarono più volte. Ricercato dalla polizia, fu costretto ad emigrare in Francia.

Rientrato in Italia nella primavera del 1934, un anno dopo venne arrestato «per attività antifascista in Italia e all’estero» e l’11 maggio dello stesso anno venne condannato a cinque anni di confino, interamente scontati.

Durante la lotta di liberazione aveva poi militato nella 7ª brigata Gap Garibaldi «Gianni». Riconosciuto partigiano dall’1 ottobre 1943 al 14 aprile 1945, gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: «Fervente patriota, entrava fra i primi nelle locali formazioni partigiane e prendeva parte a numerose azioni, distinguendosi per le sue spiccate qualità di audace combattente. Ricevuto l’incarico di attaccare con la sua squadra il nemico in ripiegamento, trovatosi improvvisamente di fronte tre avversari, non esitava ad accettare il combattimento da solo. Inceppatasi la sua pistola, afferrava rabbiosamente la canna del fucile del più vicino nemico per disarmarlo. Nel coraggioso gesto perdeva la vita».

Racconta il suo compaesano Graziano «Mirco» Zappi nella parte del libro «La rossa primavera» dedicata agli antifascisti ed ai partigiani di Mordano, Bubano e Chiavica caduti durate la guerra di liberazione: «Il corpo senza vita del povero Cleto fu raccolto e composto nella camera ardente insieme alle salme dei detenuti politici trovati uccisi dentro il pozzo di Becca. Il funerale fu comune. Cleto fu portato al cimitero di Piratello assieme a Domenico Rivalta e agli altri compagni che lui avrebbe voluto salvare».

Anacleto Cavina è ricordato nel sacrario di piazza del Nettuno, a Bologna. Sia il Comune di Mordano che il Comune di Imola gli hanno intitolato una propria via. E in quest’ultima città una lapide murata nella parete di una casa posta in via Emilia, all’altezza dell’ex piazza dei Servi, ricorda che «su questa soglia il giorno 14 aprile 1945 Anacleto Cavina cadde vittima della rabbia nazifascista».

NELLE FOTO: ANACLETO CAVINA CON DUE DEI SUOI TRE FIGLI,
LA TOMBA MONUMENTALE DEL PIRATELLO OVE E' SEPOLTO ASSIEME
AGLI ALTRI PARTIGIANI CADUTI E LA LAPIDE POSTA SUL LUOGO OVE FU UCCISO