A Sesto Imolese la liberazione dall'oppressore nazifascista fu lotta di popolo

A Sesto Imolese la liberazione dall’oppressore nazifascista fu lotta di popolo

Come ogni anno, Sesto Imolese ha ricordato con una sentita cerimonia la manifestazione che si svolse il 14 settembre 1944, in vista della liberazione di Bologna e provincia, allora ritenuta imminente di fronte all’avanzare vittorioso delle truppe alleate. La frazione per alcune ore venne presidiata dai partigiani lì convenuti anche dai territori vicini, che interruppero i collegamenti telegrafici e telefonici e bloccarono gli accessi all’abitato. La popolazione si radunò nella piazza principale, ove prese la parola Ezio Serantoni, «Mezanòt», in rappresentanza del Comitato di liberazione nazionale di Imola.

Durante la cerimonia svoltasi domenica 10 settembre, nell’ambito della locale «Festa dell’agricoltura», hanno preso la parola il vicesindaco Fabrizio Castellari, in rappresentanza del Comune, e Daniela Martelli, componente del Comitato direttivo dell’Anpi di Imola.

Quest’ultima, tra i vari temi affrontati, in particolare ha posto l’accento sul ruolo che le donne svolsero durante la guerra di liberazione. «Un ruolo che fu molto importante – ha tenuto a rimarcare la Martelli – in montagna come in pianura, in città come nelle campagne. In tante si improvvisarono staffette, portando messaggi, informazioni o trasportando viveri, medicinali, vestiario, stampa clandestina e persino armi, ciò facendo a rischio della propria incolumità, della propria vita. Ma l’aiuto fornito dalle donne avvenne in tutti i modi possibili: curando feriti che non si potevano portare in ospedale; nascondendo ricercati politici, renitenti alla leva e resistenti; dando degna sepoltura a coloro la cui morte non si poteva rendere pubblica; confezionando bandiere, dalla tintura della stoffa al cucirle. Ma anche aiutando chi, nella miseria generale, aveva di meno».

«Poi, finita la guerra e ritornati gli uomini nei campi e nelle fabbriche, del contributo femminile dato alla Resistenza non si è parlato più. Molte di coloro che si erano impegnate nella Resistenza non ne parlarono per decenni. Per fortuna alcune grandi scrittrici hanno fatto uscire buoni libri e si sono fatti film importanti che hanno riempito in parte il vuoto. Localmente, l’Anpi ha promosso molte pubblicazioni che parlano delle donne partigiane e del contributo da loro fornito alla lotta di liberazione dal nazifascimo. Così oggi si sta recuperando questo riconoscimento loro dovuto».

Al termine, Vittorio Gardi (figlio del partigiano Armando Gardi, fucilato a San Ruffillo di Bologna), e Velia Galassi (figlia di Domenico Galassi, sopavvissuto ai campi di lavoro in Germania ove era stato deportato assieme al fratello Angelo, che invece vi morì) hanno deposto una corona di alloro ai piedi della lapide dedicata «alle genti della Bassa imolese che in piena occupazione nazista espressero avversione all’oppressore manifestando compatti e consapevoli per le strade di Sesto Imolese».