Vittime primo bombardamento aereo. «La guerra non è mai una soluzione e l’orrore non deve diventare un’abitudine»

Vittime primo bombardamento aereo. «La guerra non è mai una soluzione e l’orrore non deve diventare un’abitudine»

Nella pineta retrostante l’ex macello comunale, in via Baviera Maghinardo, si è svolta il 13 maggio 2024 la cerimonia a ricordo delle vittime del primo bombardamento aereo di Imola, avvenuto esattamente ottant’anni fa, con la deposizione di una corona al monumento che le ricorda. E con questa cerimonia si sono concluse le iniziative promosse dal Comune, insieme ad Anpi e Cidra, per celebrare il 79° anniversario della Liberazione.

Come ha spiegato Fulvio Andalò, componente del Comitato direttivo dell’Anpi di Imola, il 13 maggio 1944 Imola subì la prima incursione aerea alleata. «Nella primavera del ’44 la guerra sembrava ancora molto lontana, malgrado gli eserciti anglo-statunitensi fossero sbarcati in Sicilia l’anno prima e stessero risalendo la penisola. Il fronte s’era fermato nei pressi di Cassino, dove infuriava la battaglia. Certo, in cielo si vedevano spesso passare stormi di bombardieri diretti verso nord. Ma l’eventualità di una incursione aerea su Imola sembrava ancora remota ai suoi abitanti».

Non sarà così quel fatidico giorno del 1944. «Quel giorno, infatti, obiettivo degli aerei statunitensi decollati dalle basi pugliesi di Cerignola e Torretta erano una serie di scali ferroviari da Piacenza a Cesena, tra cui quello di Faenza. Scalo utilizzato dall’esercito tedesco per trasportare uomini, mezzi e munizioni fino a Firenze. Ma, giunti all’altezza di Marradi, il capo bombardiere, pur avendo come riferimento le immagini scattate dai ricognitori, sbagliò ad interpretare la topografia del territorio e così diresse i B-24 su Imola invece che su Faenza. E giunti in vista del presunto obiettivo i 40 bombardieri pesanti, divisi in due ondate, aprirono i portelloni delle stive e cominciarono a sganciare bombe da 500 libbre».

Il bombardamento durò una ventina di minuti. E il monumento è posto proprio in una delle aree della città dove caddero le bombe. «Chiudete gli occhi e immaginatevi lo scenario terrificante di quel giorno. Le sirene che lanciano l’allarme, il rombo cupo degli aerei. E i cittadini imolesi che volgono lo sguardo verso. Poi il sibilo delle bombe in caduta. E il brivido di paura, anzi di autentico terrore, in ogni persona resasi conto di quanto sta per accadere. Poi gli scoppi, la terra che trema, lo spostamento d’aria, la densa nube di polvere, seguita dal fumo acre degli incendi. Le grida di paura soppiantate da un silenzio spettrale, rotto solo dai lamenti dei feriti e dalle invocazioni di aiuto».

Tragico il bilancio. In totale si conteranno 55 morti (di cui 53 civili e 2 militari), 150 feriti e 260 persone rimaste senza casa. Da quella data, e fino all’aprile del 1945, si verificheranno 150 incursioni aeree, che vedranno sganciate su Imola complessivamente 1.700 bombe, di cui 200 incendiarie, provocando la morte di 218 persone e il ferimento di altre 400.

«Dopo tanti orrori – ha stigmatizzato il rappresentante dell’Anpi – si potrebbe pensare che l’uomo abbia bandito la guerra come strumento per dirimere le controversie. E Invece no. Ormai le guerre si susseguono con ritmo ed intensità crescente. Oltretutto iniziano ma non finiscono, alimentando solo la fiorente industria e il commercio immorale di armamenti. Stati e Governi sembrano aver perso la capacità di prevenire e gestire i conflitti mediante gli strumenti della diplomazia e della politica, con i quali far applicare e rispettare le convenzioni e il diritto internazionale. Ma la guerra non è mai una soluzione e l’orrore non deve diventare un’abitudine. Mobilitarsi oggi per la pace, per il disarmo, per la nonviolenza, significa affrontare le sfide globali che abbiamo di fronte, pena la distruzione dei diritti, della convivenza, delle democrazie e del pianeta».

«Ricordare questi episodi è doveroso – ha poi continuato il sindaco Marco Panieri – e anche quest’anno Imola lo ha fatto, evidenziando quanto la distruzione della guerra interessi ancora molte, troppe, zone del mondo, a cominciare dall’Ucraina, dove il popolo ucraino continua ad essere aggredito e martoriato senza alcuna ragione e senza alcuna pietà dalla Russia, per continuare con il Medio Oriente, dove non possiamo che auspicare un immediato cessate il fuoco umanitario – ha sottolineato il sindaco Marco Panieri –. Abbiamo ricordato l’orrore e le vittime dei bombardamenti in nome delle tante donne e tanti uomini che hanno lottato contro il nazifascismo, sacrificando anche la propria vita, per costruire un futuro di libertà e pace, di democrazia, uguaglianza e giustizia sociale, contro ogni forma di violenza e di razzismo. Abbiamo il dovere morale, oltre che istituzionale, di far conoscere e trasmettere alle nuove generazioni il loro esempio, la storia ed i valori che hanno animato la Resistenza e la lotta di Liberazione e che sono alla base della nostra Costituzione».

Nel corso della cerimonia, Letizia Landi di «IndipenDance Studio» ha dato vita ad una performance di danza, nell’ambito del progetto «Quando un posto diventa un luogo», curato da Annalisa Cattani. che da 10 anni coinvolge gli istituti scolastici cittadini, per ridare vita a monumenti imolesi che così, da «posti», spesso non conosciuti, approfondendone la storia, diventano «luoghi», di cui aver cura.