L’1 gennaio 1944, in piena occupazione nazifascista, a Imola uscì il primo numero del giornale «La Comune», con il sottotitolo «Settimanale comunista». In seguito tale sottotitolo fu cambiato in «Quindicinale comunista – Zona Imolese».
«L’intenzione iniziale – spiegherà infatti lo storico imolese Nazario Galassi in un suo libro – era di farlo uscire ogni settimana, ma le difficoltà redazionali ostacolarono la regolarità delle pubblicazioni e non concessero intervalli inferiori ai 15 giorni».
Fino al 28 maggio 1944 il periodico clandestino venne diretto da Claudio Montevecchi («Ido») e in seguito da Elio Gollini («Sole»). «Volantini, giornali stampati o dattiloscritti – racconterà Montevecchi – rappresentavano il mezzo migliore per portare ai lavoratori, alle donne, ai cittadini le parole d’ordine che incitavano alla lotta, che stimolavano ad opporsi ai nazifascisti. Io ero uno dei maggiori responsabili della distribuzione. Il lavoro era intenso e proficuo. Ciononostante, ad un certo momento si dimostrò insufficiente. La stampa che giungeva dall’esterno, avendo un obiettivo più ampio, si manteneva su di un piano generico, mentre si sentiva il bisogno di una voce locale, che parlasse direttamente ai nostri lavoratori, alle nostre donne dei loro problemi e delle loro necessità più impellenti».
Il Partito comunista imolese decise quindi di dotarsi di una propria testata. «Ai primi di dicembre del 1943 – racconterà ancora Montevecchi –, nel negozio di mia moglie, che era uno dei principali centri di riferimento del movimento clandestino imolese, si incontrarono “Jacopo” (Aldo Cucchi), il “dottor Morri” (Antonio Meluschi) ed il sottoscritto, per gettare le basi della pubblicazione di un giornale clandestino locale». Che, dopo un’ampia discussione, prenderà il nome de «La Comune».
L’1 gennaio 1944 ne uscì un primo numero di 10 pagine, formato 21 per 29, con una tiratura di sole 25 copie dattiloscritte, che saliranno a 80 nel maggio successivo col decimo numero. Fortunatamente i Gap riuscirono a recuperare un vecchio ciclostile rotatorio, cosicché «La Comune», dal numero 12 in poi, uscì utilizzando tale mezzo di riproduzione, partendo da giugno con una tiratura di 150 copie fino alle 250 di ottobre. In tutto usciranno 24 numeri. Il venticinquesimo, redatto nel novembre del 1944, non si riuscì a riprodurlo per l’arresto del responsabile dell’impaginazione, Walter Tampieri.
Al ciclostile fu cambiata più volte sistemazione. Inizialmente nascosto nella periferia collinare della città, dopo un avvio stentato (a causa della qualità della carta, non idonea) venne spostato prima nella casa di Emilio Fuochi, in via Giovanni da Imola, poi in un casolare nei pressi di Giardino, vicino a Sasso Morelli, luoghi ben protetti e vigilati dai Gap.
Il centro di smistamento del materiale stampato era la casa della famiglia Manzoni, da cui le staffette prelevavano le copie da portare a Sesto Imolese e Osteriola, per la bassa, Bubano e Imola. Da queste località altre staffette le irradiavano poi nei paesi vicini e, tramite Primo Ravanelli («Pri»), nei comuni della Montanara e al comando della 36ª Brigata Garibaldi.
Nell’autunno però, con l’avvicinarsi del fronte, i tedeschi iniziarono ad occupare tutte le case coloniche. Nell’impossibilità di restare a Giardino, il ciclostile venne nuovamente trasferito in città, nell’abitazione del sappista Vero Vannini, a porta Romana (già porta Spuviglia, nota anche come porta dei Servi). Purtroppo a fine novembre 1944, quando il materiale del numero 25 de «La Comune» era già stato trasferito sulle matrici, a seguito di una delazione Walter Tampieri venne catturato.
«Il 29 novembre avvennero diversi arresti fra i giovani compagni – racconterà Elio Gollini –. Del gruppo “Fronte della gioventù” dell’oratorio di San Giovanni vennero arrestati i fratelli Mazzoni ed anche Walter Tampieri, che si trovava a casa loro. Appena appresa la notizia mi sono recato, con notevole rischio, da “Gina” (Virginia Manaresi), poco distante dall’abitazione di Walter, perché tentasse di portare via la macchina da scrivere e il materiale riprodotto e mi chiamasse a traferire anche l’archivio che sapevo Walter teneva in cantina. Ma ormai era troppo tardi. Tutta la casa era piantonata dalla brigata nera, che aveva scoperto tutto».
Durante la perquisizione nella sua abitazione vennero trovate la macchina da scrivere e le matrici già preparate e pronte per la stampa. Vennero pure trovati gli elenchi dei macchinari che i tedeschi avevano portato via dalla Cogne, l’azienda bellica dove Tampieri lavorava. Elenchi compilati dallo stesso Tampieri per poter poi recuperare, a guerra finita, quanto sottratto. Il ciclostile, che invece si trovava a casa di Vero Vannini («Rapallo»), venne nascosto in un pozzo. Ma il successivo 30 novembre anche Vannini venne arrestato e il ciclostile trovato e distrutto.
Walter Tampieri fu rinchiuso dapprima nelle celle della rocca di Imola, allora adibita a carcere, dove subì feroci torture affinché rivelasse i nomi dei compagni di lotta. Poi venne trasferito a Bologna, incarcerato dal 2 dicembre 1944 a San Giovanni in Monte, con matricola 12383, a disposizione del «comando SS».
Il 22 dicembre 1944 venne aggregato al trasporto di 100 detenuti diretto al campo di concentramento e transito di Bolzano-Gries, dove rimarrà fino all’8 gennaio 1945, data di partenza del convoglio che deporterà a Mauthausen 501 internati, tra i quali 90 del gruppo proveniente da Bologna. All’arrivo nel lager austriaco, l’11 gennaio 1945, Walter Tampieri ricevette la matricola 115741 e venne classificato come «Schutz haftling», ovvero come prigioniero politico e, in quanto tale, identificato da un triangolo rosso cucito sui vestiti indossati. Risulterà deceduto il 24 marzo 1945, all’età di 24 anni.
Oltre a Walter Tampieri, morto a Mauthausen, il giornale «La Comune» nei pochi mesi in cui venne pubblicato ebbe altri caduti, che è giusto qui ricordare: Marino Dalmonte («Petit») e Rino Ruscello, due gappisti che avevano fatto buona guardia al rifugio del centro riproduzione quando questo era sistemato alla periferia di Imola, vennero uccisi in combattimento a Ca’ Genasia; e Domenico Rivalta («Minghinè»), collaboratore addetto alla distribuzione, trucidato dalla brigata nera poco prima della liberazione di Imola e il cui corpo fu gettato nel pozzo dello stabilimento Becca.
Fra i tipografi partigiani di Imola, gli ultimi caduti furono Leonida Passerini («Lello) e Giuseppe Tinarelli, uccisi il 14 aprile dai soldati tedeschi in ritirata presso le case semidistrutte di via Merlo, ricordati nella lapide affissa nelle ex scuole di Spazzate Sassatelli. Vero Vannini, invece, deportato anch’egli a Mauthausen, riuscirà a sopravvivere e a tornare a Imola.
WALTER TAMPIERI
Walter Tampieri era nato a Imola il 20 aprile 1920 da Guido e Amedea Menichetti. Impiegato alla Cogne, entrato nella Resistenza subito dopo l’armistizio, militante delle Sap, prese parte alla redazione dei giornali clandestini «La Comune», periodico del Pci imolese, e «Vent’anni», periodico del «Fronte della gioventù» di Imola. Coadiuvato da due giovani dattilografe, Teresa Loreti, sua fidanzata, e Maria Turrini, curava la battitura a macchina degli articoli su matrici di carta cerata, che venivano poi applicate al ciclostile per la stampa.
A fine novembre 1944, in seguito a delazione, le brigate nere individuarono il centro di riproduzione, sequestrando nel suo appartamento, in via Cavour, il materiale già preparato per il nuovo numero de «La Comune», che dopo questo duro colpo non uscirà più. Arrestato e torturato, l’8 gennaio 1945 verrà caricato sul convoglio diretto al lager di Mauthausen, ove morirà il 24 marzo 1945, a soli 24 anni.
Walter Tampieri è stato riconosciuto partigiano dalla apposita commissione regionale, con ciclo operativo dall’1 aprile 1944 al 24 marzo 1945. Gli è stata conferita la Medaglia d’argento alla memoria con la seguente motivazione: «Nonostante la salute cagionevole, aderì, subito dopo l’armistizio, al movimento della Resistenza, reclutando gruppi di giovani, diffondendo manifestini di incitamento alla lotta, fornendo tempestive preziose informazioni che valsero ad evitare arresti di persone ed asportazione di materiali dai locali stabilimenti. Nel corso di una perquisizione operata nella sua abitazione, oltre a materiale di propaganda pronto per la diffusione, furono trovate le macchine per riproduzione e stampa. Arrestato, sottoposto alle più atroci torture nulla rivelò che potesse nuocere alla causa partigiana. Dalle carceri di Imola, Bologna, Bolzano il suo tremendo supplizio si concluse con la morte nel “Campo di sterminio” di Mauthausen».
SACRARIO DI PIAZZA NETTUNO
Walter Tampieri è ricordato nel memoriale di piazza del Nettuno, dedicato ai partigiani di Bologna e provincia che hanno sacrificato la propria vita durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo.
Il sacrario, composto da tre grandi cornici contenenti più di duemila formelle in vetroceramica, è collocato sulla parete di palazzo d’Accursio, sede del Comune, che affaccia su piazza del Nettuno, sul fronte della biblioteca Salaborsa. Ciascuna delle formelle riporta il nome di un partigiano caduto, il più delle volte accompagnato dalla fotografia.
I tre riquadri, inframezzati dalle finestre del palazzo, sono raccordati dalla seguente scritta in bronzo posta superiormente: «Bologna 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945 / Caduti della Resistenza per la libertà e la giustizia, per l’onore e l’indipendenza della Patria».
MONUMENTO AL PARTIGIANO
Il monumento al Partigiano di piazzale Leonardo da Vinci è uno dei luoghi di Imola ove si svolgono le celebrazioni per l’anniversario della Liberazione e in memoria dei caduti della Resistenza, organizzate dal Comune e dalla locale sezione dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
L’Anpi di Imola fin dal 1945 decise la realizzazione di un monumento commemorativo della Resistenza, per ricordare i tanti partigiani imolesi morti per la Libertà. Monumento che venne finanziato tramite una sottoscrizione popolare. Della sua ideazione fu incaricato lo scultore Angelo Biancini, famoso artista di Castel Bolognese, che realizzò una statua in bronzo. L’opera venne inaugurata con una cerimonia molto partecipata il 12 maggio 1946.
Nel 1973 l’Anpi di Imola decise di promuovere una nuova raccolta fondi per corredare il monumento al Partigiano, posto in piazzale Leonardo da Vinci (la rotonda di viale Dante), di quattro lapidi a libro con riportati i nomi dei 107 caduti imolesi nella lotta di Liberazione, tra i quali Walter Tampieri. L’occasione fu il trentesimo anniversario dell’8 settembre, data simbolo per l’inizio della Resistenza
SACRARIO DEL PIRATELLO
Nel cimitero di Piratello, ai lati dell’ingresso al sacrario dedicato «Ai caduti della Resistenza, sono colocate le foto dei partigiani imolesi che hanno perso la vita durante la lotta di Liberazione dal nazifascismo, tra i quali Walter Tampieri.
LA LAPIDE DI VIA CAVOUR
Sul palazzo di via Cavour ove ha abitato il partigiano Walter Tampieri fino al giorno del suo arresto è apposta una piccola lapide marmorea con incisi la frase «Caduto per la libertà», cognome e nome, anno di nascita e anno di morte. Negli anni cinquanta ne furono preparate una novantina, dedicate ad altrettanti partigiani e patrioti caduti durante la lotta di Liberazione dal nazifascismo, per essere collocate in corrispondenza delle loro abitazioni oppure sul luogo di morte o di lavoro. La lapide commemorativa dedicata al partigiano Walter Tampieri fa parte di questo lotto. Quelle che allora non fu possibile collocare sono conservate tutt’oggi nella sede dell’Anpi di Imola.