Il periodo che va dal 14 al 26 febbraio 1945 fu segnato da rastrellamenti e arresti continui da parte dei nazifascisti nel tentativo affannoso di catturare i capi della Resistenza imolese. I brigatisti neri avevano elenchi degli antifascisti del ventennio e di personalità in vista, ma non conoscevano i giovani resistenti, se non per mezzo di spie.
Oltre a delatori del luogo (comprati con denaro e beni di prima necessità o chiudendo un occhio sul mercato nero da loro praticato) i nazifascisti ricorrevano a infiltrati (uomini e donne provenienti da Bologna e quindi non conosciuti) e a quegli appartenenti al movimento resistenziale che, caduti nelle mani dei brigatisti neri, per avere salva la vita o non sopportando più le torture, avevano accettato di tradire i compagni di lotta.
Dopo una spiata, la mattina del 18 febbraio 1945 viene arrestato nel forno Piani di via Appia, nel centro cittadino, anche il fornaio diciottenne Enea Loreti, partigiano della Brigata Sap «Santerno-Imola». Portato nel carcere della rocca sforzesca, viene interrogato e torturato dagli sgherri neri di Ravaioli.
Trasferito a Bologna, dapprima viene rinchiuso nella caserma di via Orfeo, angolo via Borgolocchi, usata come carcere e luogo di tortura dalla 13ª brigata nera «Eugenio Facchini». Poi, dal 23 febbraio, entra nel carcere di San Giovanni in Monte, dove è registrato con la matricola 13294, proveniente – annota il registro – da «camera di sicurezza», scortato da «sottufficiale tedesco SS», a disposizione del «comando tedesco SS».
E lì resta fino al 16 marzo 1945, quando le SS del comando della Sicherheitspolizei e del Sicherheitsdienst (Sipo-SD) di via Santa Chiara lo prelevano assieme ad altri 9 detenuti, tra i quali altri 8 imolesi (Otello Cardelli, Ugo Coralli, Zelino Frascari, Armando Gardi, Vladimiro Gollini, Walter Grandi, Angelo Volta e Vittorio Zotti) e un partigiano (Francesco Cristofori) della 7ª Gap catturato a Bologna, in centro città, mentre percorreva via Rizzoli.
Questi prigionieri portano visibilmente sui visi e nei corpi i segni dei pestaggi e delle terribili torture che hanno subito. Ma una sorte ancor peggiore li attende. Vengono caricati su un autocarro e portati nella periferia di Bologna, nei pressi dei ruderi della piccola stazione ferroviaria di San Ruffillo, abbandonata dalla popolazione dopo i bombardamenti alleati. E lì vengono allineati sul bordo di uno dei crateri creati dallo scoppio delle bombe e mitragliati a freddo. Poi i loro corpi vengono fatti ruzzolare all’interno del buco, facendoli così sparire senza che testimoni civili abbiano potuto essere presenti o vedere.
Le fosse comuni di San Ruffillo verranno infatti scoperte casualmente a guerra finita per via di alcuni corpi affioranti nel terreno antistante le rovine della stazione ferroviaria, dove in sei date (il 10 e 20 febbraio, poi l’1, il 2, il 16 e il 21 marzo) i militi nazisti avevano ucciso in segreto almeno 94 detenuti prelevati da San Giovanni in Monte.
I corpi provenienti dalle fosse di San Ruffillo verranno traslati al cimitero della Certosa. Di questi, 23 non verranno mai identificati. Le vittime dell’eccidio del 16 marzo invece saranno tutte riconosciute dai familiari dopo l’esumazione. La salma di Loreti sarà identificata grazie anche a del denaro che aveva nascosto negli stivali, di cui erano a conoscenza i suoi famigliari.
Enea Loreti era nato il 23 dicembre 1926 a Imola, da Guido e Adele Sangiorgi. Licenza elementare, fornaio, partigiano, ha militato nel Battaglione «Montano» della Brigata Sap «Santerno-Imola» (mentre il fratello Lino fu partigiano nella 36ª Brigata Garibaldi «Bianconcini» operante sull’Appennino tosco-romagnolo).
Dopo la riorganizzazione delle formazioni imolesi nell’autunno-inverno 1944, Enea si spostò in pianura, a Goccianello prima, e poi a Imola città. Arrestato il 18 febbraio per una segnalazione, viene incarcerato e torturato prima a Imola e poi a Bologna e infine trucidato a San Ruffillo assieme ad altri nove compagni di sventura. E’ stato riconosciuto partigiano dall’apposita Commissione regionale, con ciclo operativo dal 20 giugno 1944 al 16 marzo 1945, giorno in cui è stato ucciso. Aveva 18 anni.
SACRARIO DI PIAZZA NETTUNO
Enea Loreti è ricordato nel memoriale di piazza del Nettuno, dedicato ai partigiani di Bologna e provincia che hanno sacrificato la propria vita durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo. Il sacrario, composto da tre grandi cornici contenenti più di duemila formelle in vetroceramica, è collocato sulla parete di palazzo d’Accursio, sede del Comune, che affaccia su piazza del Nettuno, sul fronte della biblioteca Salaborsa. Ciascuna delle formelle riporta il nome di un partigiano caduto, il più delle volte accompagnato dalla fotografia.
I tre riquadri, inframezzati dalle finestre del palazzo, sono raccordati dalla seguente scritta in bronzo posta superiormente: «Bologna 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945 / Caduti della Resistenza per la libertà e la giustizia, per l’onore e l’indipendenza della Patria».
MONUMENTO AL PARTIGIANO
L’Anpi di Imola fin dal 1945 decise la realizzazione di un monumento commemorativo della Resistenza, per ricordare i tanti partigiani imolesi morti per la Libertà. Monumento che venne finanziato tramite una sottoscrizione popolare.
Della sua ideazione fu incaricato lo scultore Angelo Biancini, che realizzò una statua in bronzo. L’opera, posta in piazzale Leonardo da Vinci (la rotonda di viale Dante), venne inaugurata nel 1946.
In seguito l’Anpi decise di promuovere una nuova raccolta fondi per corredare il monumento di quattro lapidi con riportati i nomi dei 107 caduti imolesi nella lotta di Liberazione. L’occasione fu il trentesimo anniversario dell’8 settembre 1943, data simbolo per l’inizio della Resistenza.
SACRARIO DEL PIRATELLO
Riconosciuto partigiano con ciclo operativo dal 20 giugno 1944 al 16 marzo 1945, giorno della sua uccisione a San Ruffillo, il corpo di Enea Loreti è tumulato nel sacrario ove riposano i «Caduti della Resistenza», nel cimitero imolese di Piratello.
SEDE ANPI DI IMOLA
All’esterno della sede di Anpi Imola, in piazzale Giovanni dalle Bande Nere, a lato dell’ingresso c’è una lapide dedicata a partigiani e antifascisti imolesi che «caddero combattendo o furono barbaramente fucilati a Bologna». Tra questi i dieci patrioti che furono trucidati – in due date – nella stazione ferroviaria di San Ruffillo, tra i quali Enea Loreti.
MONUMENTO DI SAN RUFFILLO
A Bologna, in piazza Caduti di San Ruffillo, si erge il cippo monumentale che ricorda le vittime delle fucilazioni avvenute sul finire della seconda guerra mondiale tra le rovine della vicina stazione ferroviaria di San Ruffillo. Monumento lì collocato nel 1967 in sostituzione di quello che, dal 1946, sorgeva sul terrapieno della ferrovia nei pressi della stazione e che è stato dismesso.
Sulla faccia principale del monumento attuale si legge l’iscrizione: «Da queste fosse rosse di sangue risuona la voce dei partigiani trucidati dai nazifascisti ad ammonire i vivi che non c’è civile grandezza senza libertà ed amore».
Sugli altri lati del monumento sono riportati i nominativi delle vittime divisi per comune di provenienza: Castelfranco Emilia; Imola e Bondeno; Bologna, Malalbergo e Anzola dell’Emilia.
LAPIDE IN VIA MURRI
A Bologna, in via Augusto Murri 158, una lapide è murata nella parete esterna della scuola statale «Clotilde Tambroni». Lapide che «i compagni di lotta» hanno dedicato «ai gloriosi martiri caduti per la libertà dei popoli». Tra i nomi lì ricordati anche quelli di undici partigiani imolesi, tra i quali Enea Loreti.
MONUMENTO CADUTI SAP MONTANO
Su un cocuzzolo erboso a poca distanza dalla strada, alla biforcazione di via Ghiandolino in via Caduti di Toranello e via Sabbioni, in territorio di Riolo Terme, si erge il monumento commemorativo dei partigiani del Sap «Montano» morti durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo.
Il monumento dedicato ai caduti del Sap «Montano» è costituito da tre grandi figure stilizzate in ferro che poggiano su un ampio basamento in cemento. Sulla faccia frontale vi è una lastra in marmo con la scritta «Qui la libertà, la speranza in una Italia nuova vissero con la lotta il sacrificio e l’eroismo del Sap Montano e delle popolazioni tutte – Ca’ Genasia, 1944-1974».
Nel retro del monumento, sulla faccia superiore vi è una seconda grande lastra con i nomi dei 35 caduti del Sap «Montano», tra cui Enea Loreti.