Si è spento sabato della scorsa settimana, 26 novembre, all’età di 96 anni, Franco Dall’Osso, già partigiano del battaglione montano della brigata Sap «Imola» e della 7ª brigata Garibaldi Gap «Gianni» e ultimo imolese ancora vivente sopravvissuto al campo di Mauthausen.
Dall’Osso Franco, «Simò», di Gildo e Maria Landi, era nato il 10 settembre 1926 a Fontanelice. Licenza elementare, operaio meccanico, durante un rastrellamento attuato dai nazifascisti ad Imola dal 23 al 29 settembre 1944 lui e il fratello Augusto vennero prelevati dall’appartamento dove abitavano, in via Goffredo Mameli, in quanto accusati da un delatore di essere antifascisti e di svolgere attività partigiana.
I due fratelli vennero prima incarcerati nella rocca sforzesca di Imola, poi trasferiti dal 2 dicembre 1944 a San Giovanni in Monte, a disposizione del «comando SS», ovvero della Gestapo. Il 22 dicembre vennero aggregati al trasporto di 100 detenuti verso il durchgangslager (campo di concentramento e transito) di Bolzano-Gries, dove rimarranno fino all’8 gennaio 1945, data di partenza del convoglio composto da carri-bestiame che deporterà a Mauthausen 483 internati, tra i quali 84 del gruppo proveniente da Bologna. All’arrivo nel lager austriaco, l’11 gennaio 1945, Franco riceve la matricola 115580 e viene classificato come schutzhaeftlinge, prigioniero politico, categoria identificata da un triangolo rosso cucito sul petto. Mestiere dichiarato: fresatore.
Franco rimane in quarantena fino al 2 febbraio, poi viene assegnato come facharbeiter (operaio specializzato) al sottocampo di Grein, dove circa 120 detenuti (tra cui parte dei bolognesi giunti assieme a lui l’11 gennaio) vengono impiegati in lavori di costruzione di baracche e adattamento dei sotterranei del castello a scopi produttivi. Terminato quel cantiere, il 20 febbraio viene trasferito al sottocampo di Gusen II e lì assegnato al betriebsabteilung III (reparto operativo) allestito nel sistema di gallerie scavate dai detenuti a Sankt Georgen an der Gusen, nell’allora Gau Oberdonau, ora Alta Austria, a circa venti chilometri ad est di Linz e a circa quattro chilometri da Mauthausen.
In codice «B8 Bergkristall», uno dei più grandi e moderni complessi industriali sotterranei del Reich creato per produrre l’avveniristico caccia turbogetto Me 262 sviluppato dall’azienda aeronautica Messerschmitt e impiegato dalla Luftwaffe, l’aeronautica militare dell’allora Germania nazista, durante le fasi finali della seconda guerra mondiale, primo caccia della storia con motore a getto ad entrare in servizio operativo (propagandato come «arma miracolosa»).
L’intero aereo era costruito secondo una struttura modulare, in modo che i singoli moduli potessero essere costruiti separatamente e quindi assemblati. Questo veniva incontro alle esigenze di decentramento dell’industria tedesca che, per far fronte ai devastanti attacchi aerei alleati, aveva spostato la produzione dalle grandi fabbriche a impianti più piccoli, nascosti all’aviazione nemica, come la rete di gallerie sotterranee trasformate dalle SS in una sorta di immensa fabbrica di guerra, lontana dalla luce del sole, ove lavoravano giorno e notte Franco Dall’Osso e migliaia di altri deportati.
Franco, come il fratello, era impiegato nella produzione degli sportelli dell’aereo, addetto alla puntatrice insieme ad un deportato russo. E dalla baracca, per raggiungere il luogo di lavoro ogni giorno doveva compiere un tratto su di un trenino scoperto.
Nove altri cittadini imolesi erano insieme a lui: il fratello Augusto, Eros Marri, Antonio Morini, Sante Noferini, Cleo Ricchi, Walter Tampieri, Vero Vannini, Vittoriano Zaccherini e Giorgio Zamporelli. Il campo fu liberato il 5 maggio 1945 dalle truppe americane, ma furono solamente quattro gli imolesi che poterono fare ritorno a casa.