Il nome di Roberto Zanelli, assieme ai nomi di altri combattenti antifascisti italiani, è inciso su una lapide dedicata «a tutti i figli di Bologna che caddero per la Spagna libera sognando un’Italia nuova». Lapide murata nell’atrio di palazzo Malvezzi, già sede dell’Amministrazione provinciale e oggi sede della Città metropolitana, ed inaugurata in occasione di una manifestazione nazionale di solidarietà con la Resistenza spagnola svoltasi a Bologna nell’aprile del 1964.
Roberto Zanelli, da Maria Zanelli, era nato il 26 dicembre 1907 a Imola. Meccanico e comunista, nel 1929 era emigrato in Francia per motivi politici, fissando la propria residenza a Montreuil-sous-Bois. Nel 1936 era poi accorso in Spagna per difendere la legittima Repubblica dai golpisti capeggiati dal generale Francisco Franco.
Zanelli si arruola il 14 novembre nel battaglione Garibaldi e, in seguito, passa alla brigata omonima, ove viene inquadrato nella 4ª compagnia del 4° battaglione italo-spagnolo. Muore il 16 febbraio 1938 sul fronte dell’Estremadura, a Zalamea de la Serena, un piccolo comune appartenente alla provincia di Badajoz.
La Estremadura spagnola si trova nella parte sud-occidentale della Spagna e confina con il Portogallo. Il suo territorio è in buona parte montuoso: è infatti limitato a nord e a sud dai rilievi del Sistema Centrale e della Sierra Morena, fra i quali si interpone una terza serie di rilievi, ed è attraversato dai fiumi Tago e Guadiana.
Dal punto di vista amministrativo l’Estremadura comprende le province di Cáceres e di Badajoz. Caceres e Badajoz che, assieme a Mérida, il capoluogo della comunità autonoma, sono tra le città più importanti della regione e, per dimensione, della Spagna.
Durante la guerra civile la città di Badajoz, caposaldo repubblicano, nell’agosto del 1936 fu teatro di una feroce battaglia che culminò in un orribile massacro. Lo scontro si concluse il 14 agosto 1936 con la vittoria delle truppe golpiste marocchine che riuscirono ad espugnare il centro abitato, per poi lasciarsi andare prima al saccheggio della città e poi al massacro dei difensori prigionieri. Migliaia di persone vennero portate all’interno della plaza de toro e qui uccise, mentre in città assassini e stupri di massa continuarono per giorni e giorni. Mattanza che valse al comandante delle truppe franchiste, il generale Juan Yague, il nomignolo di «macellaio di Badajoz».
Oltre all’occupazione di Badajoz, nei mesi successivi molte altre città dell’Estremadura cadranno una dopo l’altra sotto il controllo dell’esercito nazionalista, finché l’esercito repubblicano riuscirà a fermare l’avanzata degli avversari con la presa di Zalamea il 21 luglio 1937 e di Campanario il 24 dello stesso mese. Il fronte si stabilizzerà tra Campillo de Llerena (dove c’è tuttora un cimitero ove verranno seppelliti i legionari fascisti italiani caduti durante le successive fasi del conflitto) e Zalamea de la Serena fino all’anno successivo, quando la brigata Garibaldi, composta da volontari italiani e spagnoli, parteciperà alla battaglia combattuta il 15 e 16 febbraio 1938 sulla Sierra de Gredos, una delle catene più estese del Sistema Centrale, ove perderanno la vita numerosi combattenti garibaldini, tra cui appunto l’imolese Roberto Zanelli.
Ma il 1938 è l’anno che più di tutti, nel triennio di guerra civile, ha visto decidersi le sorti della guerra di Spagna. Nonostante le forze repubblicane avessero conquistato Teruel nel mese di gennaio, i franchisti ottennero successivamente numerose e importanti vittorie, riconquistando la città a febbraio e iniziando l’offensiva su Valencia. Ma anche il fronte dell’Estremadura era destinato a risvegliarsi nuovamente
All’inizio del luglio 1938 il fronte dell’Estremadura, lungo circa poco più di 190 chilometri, in pratica attraversava interamente la provincia di Badajoz. Di fatto il territorio ancora controllato dai repubblicani aveva la forma di un triangolo il cui vertice era situato tra le città di Badajoz di Valdetorres (in mano ai nazionalisti) e Medellín (controllata dai repubblicani). Da lì il fronte si dipartiva in due linee che costituivano il lati del triangolo: una a nord-est, che terminava in un punto situato tra le città di Cáceres di Guadalupe (in mano ai nazionalisti) e Alía (repubblicana); e l’altra con direzione sud-est, il cui punto finale era tra le città di Badajoz di Peraleda del Zaucejo (passata ai nazionalisti) e Zalamea de la Serena (ancora repubblicana).
Il contingente militare repubblicano, attestato sulla difensiva lungo la linea del frtonte, disponeva di poco più di 18.300 uomini. Dall’altra parte, l’esercito nazionalista, pesantemente rinforzato in quei giorni con un chiaro scopo offensivo, era riuscito a raggruppare tra gli 80.000 ed i 100.000 soldati. E questi due eserciti si scontrarono duramente nella seconda metà del luglio 1938.
Le operazioni iniziarono il 19 luglio con l’attacco falangista al settore Puente del Arzobispo di Toledo (azione di ricognizione preliminare), anche se la vera offensiva iniziò il 20 con un doppio attacco: uno a nord-est di Villanueva de la Serena e l’altro a sud, nel settore del Monterrubio de la Serena. Nella zona settentrionale, le truppe franchiste riuscirono a prendere a fine giornata la città di Acedera. Allo stesso modo, sul versante meridionale, le forze franchiste si diressero verso Monterrubio.
Il 21 le forze d’attacco nazionaliste conquistarono Navalvillar de Pela, Orellana de la Sierra e Orellana La Vieja e raggiunsero la Guadiana, riuscendo a guadarla al calar della notte. Il giorno successivo vide la caduta in mano franchista di Monterrubio a sud e La Coronada a nord. Durante il 23 fu eliminata la forte resistenza repubblicana dei giorni precedenti a nord-est di Villanueva de la Serena e l’avanzata verso Campanario continuò. Quello stesso giorno Castuera cadde.
Infine, il 24, le due colonne d’attacco dell’esercito falangista si ricongiunsero a Campanario, accerchiando le truppe repubblicane. Nelle prime ore del mattino del 25 luglio queste ultime tentarono una sortita disperata per rompere l’assedio, ma vennero respinte. La battaglia de La Serena era finita.
Con questa manovra l’esercito franchista conquistò metà del territorio dell’Estremadura controllato dagli avversari, con 21 città e tra 60.000 e 80.000 civili. Le perdite dell’esercito repubblicano ammontarono a circa 4.700 soldati catturati e 600-700 morti in combattimento. Le vittime dell’esercito attaccante furono molte di meno.
Nonostante questa vittoria, l’azione offensiva dell’esercito franchista in Estremadura aveva un obiettivo più ambizioso: avvicinare le sue linee ad Almadén, cittadina situata sul versante nord della Sierra de Almadén (contrafforte della Sierra Morena), famosa per i suoi giacimenti di mercurio, tra i più ricchi del mondo. Tuttavia due fattori ne impedirono il raggiungimento: uno fu l’aumentata capacità difensiva repubblicana, con arrivo di truppe da altri fronti e l’intervento dell’aviazione; e l’altro, forse di maggiore importanza, fu l’inizio della battaglia più lunga, cruenta e sanguinaria di tutta la guerra civile spagnola, nonché ultimo baluardo delle forze repubblicane, la battaglia dell’Ebro.
Nelle prime ore del mattino del 25 luglio, infatti, un importante contingente militare repubblicano aveva iniziato il passaggio del fiume Ebro. E, per farvi fronte, l’esercito franchista si affrettò a ritirare contingenti dai vari fronti, comprese le truppe che avevano combattuto in Estremadura giorni prima. Il 16 novembre i nazionalisti vincono la battaglia dell’Ebro e iniziano così la conquista della Catalogna, che culminerà con la disfatta dell’esercito repubblicano poco meno di un mese più tardi.
NELLA FOTO: L'ANTIFASCISTA IMOLESE ROBERTO ZANELLI,
CADUTO A ZALAMEA DE LA SERENA, IN ESTREMADURA,
DURANTE LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA