Piazza Giacomo Matteotti è la piazza principale di Imola su cui si affaccia il palazzo comunale. E’ la «piazza Maggiore» settecentesca che con l’avvento del Regno d’Italia era divenuta una più istituzionale «piazza Vittorio Emanuele II». E poi ribattezzata nel 1943, in piena guerra, «piazza della Repubblica», in ossequio al filonazista regime di Salò guidato dal Duce. Per essere definitivamente intitolata nel 1946, ripristinate ormai libertà e democrazia in Italia, al deputato socialista che il 10 giugno 1924 era stato ucciso da una squadraccia fascista per volontà di Benito Mussolini.
Giacomo Matteotti era stato eletto in Parlamento per la prima volta nel 1919, in rappresentanza della circoscrizione Ferrara-Rovigo. Poi rieletto nel 1921 e nel 1924, era stato soprannominato «Tempesta«» dai suoi compagni di partito per il suo carattere battagliero e intransigente.
In pochi anni, oltre a preparare numerosi disegni di legge e relazioni, intervenne ben 106 volte in Aula, con discorsi su temi spesso tecnici, amministrativi e finanziari. Per il carattere meticoloso e l’abitudine allo studio, passava ore nella biblioteca della Camera «a sfogliare libri, relazioni, statistiche, da cui attingeva i dati che gli occorrevano per lottare, con la parola e con la penna, badando a restare sempre fondato sulle cose».
Dopo l’eccidio del Castello estense avvenuto a Ferrara nel dicembre 1920, Matteotti era divenuto il nuovo segretario della Camera del lavoro cittadina. E questo produsse in lui un rinnovato impegno nella lotta antifascista, con frequenti denunce delle violenze che venivano messe in atto dagli squadristi neri. Nel 1921 pubblicò una famosa «Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia», in cui si denunciavano, per la prima volta, le violenze delle squadre d’azione fasciste durante la campagna elettorale delle elezioni del 1921.
Nell’ottobre del 1922 Matteotti venne espulso dal Partito socialista italiano con tutta la corrente riformista legata a Filippo Turati; i fuoriusciti fondarono il nuovo Partito socialista unitario di cui Matteotti divenne segretario.
Il 30 maggio 1924 Matteotti prese la parola alla Camera dei deputati e nel corso di un’infuocata seduta il deputato socialista accusò il Governo di deriva autoritaria, denunciando le violenze perpetrate dai fascisti ed i brogli compiuti in occasione delle elezioni del precedente 6 aprile. «Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. (…) L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse.».
Parole che provocarono una reazione violentissima dai banchi occupati dalla maggioranza. Mussolini invece rimase in silenzio mentre Matteotti lo incalzava: «Badate – aveva ammonito il deputato socialista – il soffocamento della libertà conduce ad errori dei quali il popolo ha provato che sa guarire. La tirannia determina la morte della nazione. Voi volete rigettare il paese indietro, verso l’assolutismo. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano».
E alla fine del suo intervento, si rivolse ai suoi colleghi di partito: «Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me». Parole che purtroppo si rivelarono profetiche.
Martedì 10 giugno 1924. Alle 16.30 Matteotti uscì da casa a piedi per andare, come di consueto, alla biblioteca della Camera dei deputati. Ma sul lungotevere lo attendeva un manipolo della Ceka, la famigerata polizia politica del partito fascista, composto da otto uomini. Matteotti oppose resistenza, ma dopo una violentissima colluttazione venne tramortito e caricato su un’automobile, che partì a gran velocità verso la campagna romana. Probabilmente il deputato socialista venne pugnalato a morte già nell’auto. Il corpo sarà ritrovato solo due mesi più tardi, il 16 agosto, da un carabiniere che portava a passeggio il suo cane, in un bosco non lontano dalla capitale.
Fin dai primissimi momenti successivi al sequestro e, ancor più dopo la scoperta che il rapimento in realtà era un omicidio, presso la gran parte della pubblica opinione si diffuse la convinzione che Mussolini fosse il responsabile ultimo dei fatti. Mussolini stesso, il 31 maggio 1924, giorno seguente al discorso del deputato socialista alla Camera di denuncia dei brogli elettorali, aveva scritto su «Il Popolo d’Italia» che la maggioranza era stata troppo paziente e che la «mostruosa provocazione» di Matteotti meritava qualcosa di più concreto di una risposta verbale.
Il 3 gennaio 1925, con un discorso alla Camera dei deputati passato alla storia, Mussolini dichiarerà di assumersi «la responsabilità politica, morale e storica» di quanto era accaduto in Italia negli ultimi mesi. Discorso che verrà ritenuto dagli storici l’atto costitutivo del fascismo come regime autoritario. E tra il 1925 e il 1926 comincerà la trasformazione dell’assetto politico italiano in dittatura.
A Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, si trova la Casa-Museo Giacomo Matteotti, dove visse il deputato socialista e oggi «luogo di memoria che mantiene inalterate le tracce originarie della vita quotidiana di un protagonista della storia del Novecento e della sua famiglia».
https://www.casamuseogiacomomatteotti.it
NELLE FOTO: IL DEPUTATO SOCIALISTA GIACOMO MATTEOTTI,
UCCISO DALLA POLIZIA POLITICA FASCISTA,
E LA PIAZZA PRINCIPALE DI IMOLA A LUI INTITOLATA