Una splendida giornata di sole e una temperatura decisamente primaverile hanno fatto da cornice quest’ultima domenica, 20 febbraio, alla commemorazione di sette partigiani della frazione imolese di Osteriola, caduti durante la guerra di liberazione dal nazifascismo. Cerimonia alla quale le tante persone intervenute hanno potuto partecipare finalmente in presenza dopo due anni di limitazioni imposte dalla pandemia sanitaria. «E’ bello essere nuovamente qui, oggi, così numerosi – ha tenuto ha rimarcare Marco Panieri, sindaco di Imola -. Vederci in presenza, incontrarci, è sicuramente il modo migliore per ricordare e per tramandare il ricordo: non si può non ricordare e non farlo insieme! Ma tornare a frequentarsi è il modo migliore anche per vincere la solitudine, l’insofferenza, l’odio che la pandemia ha contribuito ad instillare nelle comunità, tra le persone».
Ma se la preoccupazione per la pandemia sta calando, ce n’è un’altra che invece sta crescendo: i venti di guerra che son tornati a spirare sull’Europa a causa della crisi tra Ucraina e Russia. «La memoria ci deve aiutare a non ripetere gli errori del passato – ha esortato il presidente dell’Anpi, Gabrio Salieri -. Ricordare i caduti della Resistenza, i motivi che stanno alla base del loro sacrificio, non è un esercizio inutile, una perdita di tempo. Noi siamo qui oggi per ricordare cosa è stata la lotta di liberazione dal nazifascismo, da cui è nata la Costituzione, ma anche per non dimenticare cosa è stata la guerra, le sofferenze che essa ha portato, la miseria, la paura e i tanti lutti».
I partigiani combatterono, armi in pugno, per uscire dall’oppressione nazifascista e ripristinare la democrazia, ma anche per preparare un mondo più giusto e senza guerre. Non a caso la Costituzione nata dalla Resistenza sancisce che l’Italia sia un Paese che «ripudia la guerra». «Ricordare le persone che hanno sacrificato la loro vita per la libertà è importante. Ma è altrettanto importante ricordare il perché l’hanno fatto, il grande anelito verso il futuro di cui erano animati», ha tenuto a rimarcare la sindaca di Conselice, Paola Pula.
Un insegnamento, però, che pare dimenticato. «Ciò che è stato non è solo al passato – ha avvertito Daniele Bassi, sindaco di Massa Lombarda -. Ogni ora che passa questa autentica tragedia dell’umanità si avvicina sempre di più. Dopo due guerre mondiali, rischiare nuovamente di avere la guerra in Europa è incredibile, è drammatico. Bene le diplomazie che stanno lavorando perché la crisi non precipiti. Ma occorre che ci sia anche una forte mobilitazione di tutti noi per la pace».
Prima di posare la corona, Vittorio Gardi, allora partigiano quindicenne, ha voluto ricordare ancora una volta i nomi dei caduti di Osteriola, suoi compagni di lotta, indicando tutt’attorno dove essi vivevano e dove morirono. «Enea Suzzi, che abitava in quella casa da contadino lì, ucciso dai tedeschi mentre stava tornando dalla manifestazione contro i nazifascisti che si era svolta a Sesto Imolese. Lino Afflitti, caduto in uno scontro a fuoco nel cortile qui didietro. Candido Contoli, ucciso dai tedeschi vicino alla Casa di Ghiaia mentre stava rientrando da un’azione partigiana a Imola. I restanti quattro vennero rastrellati dalla Gestapo. Con loro c’ero anch’io. Per una notte intera ci chiusero in quelle stanze lì sopra. Io fui fortunato, restai detenuto nelle carceri della rocca sforzesca finché non mi liberarono. Loro no, furono portati a Bologna, torturati e poi fucilati a San Ruffillo. Erano Angelo Volta, Zelino Frascari, Otello Cardelli e Armando Gardi, mio padre» .
Arrivata da Massa Lombarda, presente alla cerimonia anche Ines Manzoni, classe 1923, che durante la guerra di liberazione fu staffetta partigiana proprio in questi territori. «Oltre a te – ha continuato Gardi – ricordo Vermiglia, Silvana, Emiliana, Tea, Vittorina, Novella, Ceda… Eravate tante e il vostro lavoro fu fondamentale. Mi ricordo quando giravi con un sacco che sembrava pieno di spighe raccolte in un campo ma dove avevi nascosto la stampa clandestina. O quando Vermiglia passò proprio su questa strada canterellando su un carro trainato da un asinello. I tedeschi ridevano… Ma dentro i mobili trasportati su quel carro erano nascoste le armi destinate ai partigiani. Così come è giusto ricordare le grandi famiglie di antifascisti che hanno preparato il terreno alla Resistenza: i Manzoni che abitavano lì dalla chiesa, i Gardelli che abitavano in quella casa che si vede, a Balìa, i Gherardi che abitavano nella Ghina e tante altre, perché se Osteriola ha dato tanto alla Resistenza è proprio perché nelle famiglie ci avevano educato alla libertà, alla democrazia, alla giustizia».