Sabato mattina, 15 aprile 2023, si è svolta una commossa e partecipata cerimonia in ricordo dei 16 martiri di pozzo Becca. Presenti Marco Panieri, sindaco di Imola, Barbara Mezzetti, assessora del Comune di Castel San Pietro Terme, e Lorenzo Monti, assessore del Comune di Medicina, insieme a Valter Attiliani, componente del Comitato direttivo dell’Anpi Imola, ai rappresentanti delle Anpi di Castel San Pietro e di Medicina, più un numeroso pubblico, tra cui spiccavano i giovani studenti della classe 2A della scuola superiore di primo grado di Medicina. Al termine, sono state posate corone presso la lapide posta in via Vittorio Veneto, al suono del Silenzio.
«Accadde nella notte tra il 12 e 13 aprile – rievoca lo storico Nazario Galassi nel suo libro “Imola dal fascismo alla liberazione 1930-1945” –. Nel carcere della rocca erano rimasti 16 prigionieri: Bernardo Baldazzi, Gaetano Bernardi, Guido Facchini, Paolo Filippini, Cesare Gabusi, Ciliante Martelli, Giovanni Roncarati, Augusto Ronzani, di Medicina; Antonio Cassani di Castel Guelfo; Dante Bernardi, Duilio Broccoli, Mario Filicori, Secondo Grassi, Mario Martelli, Corrado Masina, di Castel San Pietro; e Domenico Rivalta, l’unico imolese».
Quello stesso giorno reparti alleati avevano superato le linee difensive tedesche sul fiume Santerno e ormai erano alle porte di Imola. «Ciò che restava della banda di Gentilini e Ravaioli (una parte, col suo capo, era partita con un automezzo il 5 aprile) aveva già sottoposto quei prigionieri a sevizie e a torture, riducendoli in uno stato compassionevole. Apprestandosi ora a fuggire dalla città, volle lasciare l’ultima traccia di sé.
Caricati i prigionieri su due autocarri e, fra urli e minacce, condottili nello stabilimento ortofrutticolo della ditta Becca, in via Vittorio Veneto, i disgraziati subirono altre e più terribili torture, per poi essere finiti a colpi di mitra e bombe a mano. Prima di darsi alla fuga i fascisti, gettati i loro corpi in un pozzo, a compimento dell’opera fecero crollare sul fondo il muretto e la garitta di mattoni».
Scrisse «Il Giornale dell’Emilia» del 23 aprile 1945: «Le spoglie orrendamente deformate, con i segni ben visibili delle sevizie subite, furono esumate il 16 aprile fra l’orrore degli addetti, di gente accorsa e dei rappresentanti del governo alleato». La radio così comunicò la notizia: «I cadaveri si presentavano talmente straziati da rendere impossibile qualunque identificazione. I corpi sono infatti completamente mutilati e ustionati, le membra spezzate, gli occhi cavati, le gole tagliate. In ognuno dei corpi tutte le unghie delle mani e dei piedi sono state strappate. (…) I torturatori li avevano evirati usando del petrolio, che avevano acceso, sui testicoli».
Il maggiore I. C. Reid della polizia militare dell’VIII armata britannica, dopo aver esaminato i resti delle vittime del pozzo Becca, affermò: «Non ho mai visto in vita mia uno spettacolo così orrendo; è incredibile che tanta crudeltà possa esistere in esseri umani». Il 17 aprile si svolsero solenni funerali delle vittime dell’eccidio.