Domenica scorsa, 26 settembre, si è svolta la cerimonia a ricordo dei caduti di Ca’ di Guzzo, alla quale hanno partecipato, con le proprie bandiere, rappresentanti delle sezioni Anpi di Castel del Rio, Imola, Castel San Pietro, Riolo Terme, Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Dozza Imolese, il sindaco alidosiano Alberto Baldazzi e il vicesindaco Fabrizio Castellari, in rappresentanza dell’Amministrazione imolese.
“Anche in tempi di pandemia noi abbiamo continuato a portare corone ai monumenti che testimoniano il sacrificio dei partigiani caduti durante la guerra di liberazione e che ne tramandano il ricordo. In diversi casi, nei luoghi più sperduti, eravamo solo in due, ma è stato giusto farlo – ha tenuto a rimarcare Gabrio Salieri, presidente di Anpi Imola, a nome di tutte le sezioni presenti –. Sì, perché bisogna continuare a coltivare la memoria. Ricordare ciò che è stato non è un esercizio retorico, inutile. La memoria ci deve aiutare ad impedire che quanto accaduto in passato accada di nuovo, magari in forme o con modalità diverse. Bisogna ricordare cosa è stata di brutto la guerra, cosa ha significato il ventennio fascista quando succedevano cose che stanno riproponendosi anche adesso”.
Ed al riguardo Salieri ha citato quanto accaduto il giorno prima in centro ad Imola, ove una donna, che con le proprie figlie si stava recando al presidio organizzato in piazza dall’associazione Trama di Terre in solidarietà con le donne afghane, è stata aggredita verbalmente e fisicamente da un uomo che voleva cacciarla solo perché aveva la pelle nera. “Il problema – ha messo in guardia Salieri – è che fascismo, autoritarismo, nazionalismo, razzismo, negazionismo e revisionismo nei confronti della Resistenza e di ciò che ha significato la lotta di liberazione dalla dittatura e dall’oppressione, stanno crescendo nella società e, purtroppo, anche a livello parlamentare”.
Prima della cerimonia ha avuto luogo la tradizionale camminata lungo i sentieri percorsi dai combattenti partigiani, con posa di una corona al cippo collocato nei pressi dei resti della casa colonica ove, tra il 27 e 28 settembre 1944, una compagnia della 36ª brigata Garibaldi Bianconcini, composta da 55 partigiani, resse per 9 ore, senza arrendersi, all’assalto di un battaglione dell’esercito tedesco. E la posa di una seconda corona presso la stele che ricorda il sacrificio di Gianni Palmieri, studente in medicina, che non abbandonò i compagni feriti e venne catturato e poi trucidato e che per questo suo atto eroico venne poi insignito della Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
“Questi ragazzi, nonostante non avessero perlopiù una formazione e una cultura elevate, ebbero il coraggio del pensiero e della scelta di ribellarsi – ha tenuto a sottolineare il sindaco di Castel del Rio, Baldazzi –. Una scelta difficile in queste terre allora ancora occupate dai tedeschi e dai fascisti, che esercitavano un controllo pervasivo nelle grandi come nelle piccole comunità. Ma quando la storia comanda, ci sono persone che sanno cogliere il momento. E ciò che colpisce di più nella storia di questi ragazzi è la capacità di guardare al domani, cogliendo un futuro che ancora nessuno vedeva: quella che sarebbe diventata l’Italia dopo la guerra grazie al loro impegno e ai loro sacrifici. E tutto ciò li ha resi meritevoli del tributo che noi oggi rivolgiamo loro”.
Una corona è stata posata anche presso il monumento posto nella frazione di Belvedere dedicato ai 26 partigiani e 8 civili uccisi dai nazisti a Ca’ di Malanca, dove il gruppo teatrale Extravagantis ha inscenato, con musica e parole, una toccante rievocazione di quanto accaduto 77 anni fa. “Una rievocazione, basata sui racconti di chi visse quel tragico scontro, che provoca ancora oggi tanta emozione e una profonda commozione – ha commentato Fabrizio Castellari, vicesindaco del Comune di Imola –. Emozione e commozione che si colgono, peraltro, durante ogni iniziativa commemorativa che l’Anpi organizza incessantemente in tanti luoghi, un anno dopo l’altro. C’è un’eredità da custodire e c’è una memoria da tramandare. E finché ci sarà qualcuno in grado di ereditare la memoria di quanto accaduto e di riproporla a propria volta e finché ci sarà qualcuno che si emozionerà e si commuoverà riascoltandola – ha concluso Castellari – questa memoria non potrà sparire”.