E’ il 18 settembre 1944, quattro giorni dopo la manifestazione pre-insurrezionale di Sesto Imolese. I tre gappisti Claudio «Candido» Contoli di Balìa, il medicinese Fileno «Lupo» Gardelli e il bubanese Graziano «Mirco» Zappi stanno tornando a Osteriola dalla periferia di Imola, dove si sono recati a ritirare una somma di denaro da un ricco commerciante. Soldi che serviranno per comprare cibo per la popolazione affamata e per i partigiani che operano in montagna. E che, a guerra finita e sconfitto il fascismo, serviranno al commerciante per dimostrare che lui stava dalla parte giusta.
I tre gappisti sono in bicicletta e sono armati della sola pistola. E’ quasi sera e il cielo si sta scurendo. Pedalano ad una certa distanza l’uno dall’altro. Nei pressi di Sasso Morelli fanno una deviazione. Per scansare la borgata si portano sul canale Gambellara. Raggiungono la campagna di Cantalupo in prossimità della Budriese, la strada che, partendo da Fornace Guerrino, collega la San Vitale alla Selice.
Allungano la distanza che li separa l’uno dall’altro. «Lupo» è il primo, in mezzo c’è «Candido», per ultimo viene «Mirco». Sulla destra si profila la sagoma della Casa di Ghiaia, coi contorni sfumati dalla nebbia del crepuscolo. Fileno attraversa rapidamente la strada ed imbocca il viottolo di fronte alla Casa dei Capannetti. «Candido» lo segue.
Ed è lui che dà l’allarme: «C’è una camionetta tedesca. Forza ragazzi, scappiamo, forza!». Fileno accelera subito l’andatura. «Candido» si lancia dietro di lui, e «Mirco» dietro «Candido». I tedeschi, provenienti da Fornace Guerrino, aumentano la velocità, giungono al viottolo, cominciano a gridare e a sparare raffiche di colpi coi mitra.
I tre giovani gappisti pedalano con tutta la loro forza. Fileno è ormai lontano. «Candido» lascia la bicicletta e si getta per i campi arati. «Mirco» fa altrettanto. La camionetta imbocca il viottolo. Da bordo i tedeschi sparano raffiche senza posa. «Mirco» è il più vicino. D’un tratto inciampa in una zolla, cade in un fosso, resta disteso. I tedeschi l’oltrepassano. Probabilmente lo credono morto, lo lasciano lì e continuano l’inseguimento.
«Mirco» si riprende, prova a muovere le braccia e le gambe, sente di non essere stato colpito e comincia a strisciare all’indietro fino a raggiungere la siepe accanto alla strada. Alza il capo, intravede lontano le ombre dei tedeschi che corrono verso la Casa dei Capannetti. Non sparano più. Così si alza, riattraversa la strada e si rifugia nella Casa di Ghiaia.
Le donne spaventate gli offrono il bicchiere d’acqua che ha chiesto e lo implorarono di andarsene immediatamente. Hanno dei bambini e hanno paura. I tedeschi sarebbero tornati, avrebbero bruciato tutto, avrebbero ammazzato tutti.
«Mirco» allora lascia la casa e si lancia attraverso i campi. Seguendo i filari di viti, riparandosi di albero in albero. Corre finché si trova nei pressi di Cantalupo, dove si ferma in una casa di contadini, che lo nascondono nel fienile e gli danno del cibo. Ormai fa buio. I gappista li prega di andare a raccogliere notizie su quanto accaduto. E’ il capofamiglia ad esaudire la sua richiesta.
Torna poco dopo e racconta che un partigiano è rimasto ucciso, che un altro è fuggito e che il terzo è stato cercato a lungo dai tedeschi, convinti di averlo colpito. Avevano rovistato in tutti gli angoli della Casa di Ghiaia, dicevano che doveva trovarsi lì. «Chi sarà il compagno ucciso “Candido” o Fileno?». Il compagno caduto è «Candido». Aveva 22 anni.
Quella stessa sera una squadra di gappisti si reca alla Casa di Ghiaia a raccogliere il suo corpo per trasferirlo a Balìa. I contadini di Casa di Ghiaia hanno posto il corpo crivellato di colpi nel capannone degli attrezzi dopo averlo raccolto nel canale Gambellara, dove il giovane partigiano aveva cercato di ripararsi dalle raffiche nemiche. Raggiunto dai tedeschi si era difeso sparando l’intero caricatore della pistola. Inutilmente.
La salma di «Candido», trasportata su una scala da Cantalupo a Balìa, viene sepolta la notte stessa nell’orto della sua famiglia alla presenza dei genitori, del fratello, della sorella, della fidanzata, di «Mezzanòt», di Aldo e di alcuni altri compagni di lotta. C’erano anche «Mirco» e Fileno. Lo salutarono col pugno chiuso.
CLAUDIO CONTOLI
Claudio Contoli, «Candido», era nato il 6 dicembre 1921 a Imola, da Luigi e Giacomina Baroncini. Residente a Balìa, licenza elementare, calzolaio, aveva prestato servizio militare nel genio dall’11 gennaio 1941 all’8 settembre 1943. Entrato nella Resistenza imolese in pianura assieme all’intera famiglia (padre, madre, il fratello Mario, le sorelle Maria e Matilde e la fidanzata staffetta), ha militato nella 7ª Brigata Gap Garibaldi «Gianni» fino al 18 settembre 1944, giorno della sua morte. Aveva 22 anni.
«Candido» era stato uno dei primi gappisti della zona. Le sue azioni venivano citate come un esempio di sagacia, di coraggio, di sangue freddo. Si raccontava come aveva giustiziato Mordano un collaborazionista. Si era presentato in pieno giorno nella sua bottega, aveva atteso che finisse di servire il cliente di turno, si era assicurato che fosse veramente la persona cercata, aveva pronunciato la sentenza e aveva sparato. Se ne era poi andato lentamente, era salito sulla bicicletta allontanandosi senza fretta assieme al gappista rimasto sulla strada a fare la guardia.
Riconosciuto partigiano dall’1 gennaio 1944 al 18 settembre 1944, gli è stata conferita la Medaglia d’argento al Valor militare alla memoria con la seguente motivazione: «Combattente ed animatore delle formazioni partigiane della zona, dedicava alla Resistenza tutte le sue giovanili energie, partecipando a numerose azioni e meritandosi per il suo valore la nomina di comandante di distaccamento partigiano. Nel corso di una rischiosa azione di ricognizione, intercettato da una camionetta nemica, anziché ripiegare, affrontava l’impari lotta proteggendo con intenso fuoco della sua arma lo sganciamento di due suoi commilitoni. Colpito a morte dal micidiale piombo nemico, cadeva eroicamente per la causa della libertà. Imola, 18 settembre 1944».
SACRARIO DI PIAZZA NETTUNO
Claudio Contoli, «Candido», è ricordato nel memoriale di piazza del Nettuno, dedicato ai partigiani di Bologna e provincia che hanno sacrificato la propria vita durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo. Il sacrario, composto da tre grandi cornici contenenti più di duemila formelle in vetroceramica, è collocato sulla parete di palazzo d’Accursio, sede del Comune, che affaccia su piazza del Nettuno, sul fronte della biblioteca Salaborsa.
MONUMENTO AL PARTIGIANO
Il monumento al Partigiano di piazzale Leonardo da Vinci (la rotonda di viale Dante) è uno dei luoghi di Imola ove si svolgono le celebrazioni per l’anniversario della Liberazione e in memoria dei caduti della Resistenza, organizzate dal Comune di Imola e dalla sezione locale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
L’Anpi di Imola fin dal 1945 decise la realizzazione di un monumento commemorativo della Resistenza, per ricordare i tanti partigiani imolesi morti per la Libertà. Monumento che venne finanziato tramite una sottoscrizione popolare. Della sua ideazione fu incaricato lo scultore Angelo Biancini, famoso artista di Castel Bolognese, che realizzò una statua in bronzo. L’opera venne inaugurata con una cerimonia molto partecipata il 12 maggio 1946.
Nel 1973 ci fu poi un secondo momento pubblico. L’Anpi imolese decise infatti di promuovere una nuova raccolta fondi per corredare il monumento di quattro lapidi a forma di libro con riportati i nomi dei 107 caduti imolesi nella lotta di Liberazione, tra i quali Claudio Contoli. L’occasione fu il trentesimo anniversario dell’8 settembre, data simbolo per l’inizio della Resistenza.
SACRARIO DI SESTO IMOLESE
Dopo la fine della guerra, nel cimitero di Sesto Imolese venne realizzato un sacrario dedicato ai caduti della Resistenza, ove sono poi stati tumulate le salme di antifascisti e partigiani morti durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo, tra le quali anche le spoglie di Claudio «Candido» Contoli.
SACRARIO DI PIRATELLO
Nel cimitero di Piratello, all’ingresso del sacrario sotterraneo dedicato «Ai caduti della Resistenza», vi sono le foto dei partigiani imolesi caduti durante la guerra di Liberazione. Tra queste anche la foto di Claudio «Candido» Contoli.
LAPIDE DI OSTERIOLA
Il nome di Claudio Contoli, «Candido», compare anche nella lapide commemorativa che si trova nella frazione imolese di Osteriola, sulla parete esterna della casa (numero civico 190) posta in prossimità dell’incrocio tra le vie San Vitale e Correcchio Inferiore. Inaugurata il 26 febbraio 2017, in sostituzione di precedenti lapidi singole lì poste, ricorda i partigiani di Osteriola, o caduti in tale frazione imolese, durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo.