Tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, approfittando dell’arresto dell’avanzata alleata di fronte alla linea Gotica, la linea difensiva tedesca che correva da Rimini e Massa Carrara, la repressione nazifascista si inasprì notevolmente, con una serie di rastrellamenti in tutta la provincia di Bologna. Molte persone vennero arrestate e imprigionate, in larga parte presso il carcere di San Giovanni in Monte, nell’ex monastero dell’omonima chiesa cittadina (oggi sede universitaria).
Presso questa struttura, infatti, il regime fascista deteneva i prigionieri politici, che da lì venivano poi prelevati per essere fucilati o per essere trasferiti dal comando d’occupazione tedesco verso i campi di concentramento. E se non c’era spazio a San Giovanni in Monte, i prigionieri venivano chiusi nelle stalle della caserma del 3° artiglieria a porta d’Azeglio o nelle celle della caserma Masini di via Borgolocchi, luoghi non solo di detenzione ma anche di tortura.
Gli eccidi di San Ruffillo si ascrivono nel contesto dei cosiddetti «eccidi occultati». Inizialmente le esecuzioni sommarie di partigiani e antifascisti venivano infatti eseguite davanti alla cittadinanza ed i cadaveri lasciati esposti per giorni, dandone anche notizia sui giornali amici o con manifesti affissi sui muri, per intimorire la popolazione. Poi la strategia cambiò. Dovendo abbandonare la città di fronte all’avanzata degli alleati, tedeschi e fascisti cercarono di far sparire, senza lasciare tracce, il maggior numero possibile di ebrei e di avversari politici ancora nelle loro mani.
Per le esecuzioni venne scelta la piccola stazione ferroviaria di San Ruffillo, situata nella periferia sud-est di Bologna, in quel tempo abbandonata dalla popolazione in quanto gravemente danneggiata dai bombardamenti alleati, che avevano prodotto nel terreno circostante ampi crateri. Il luogo ideale ove occultare i corpi delle vittime. I prigionieri venivano infatti disposti sul bordo di quelle buche e fucilati, facendo sì che i corpi vi cadessero dentro, per poi ricoprirle a mo’ di fosse comuni.
Il primo prelievo di prigionieri dal carcere di San Giovanni in Monte avvenne il 10 febbraio 1945, quando – secondo i registri – 55 detenuti furono consegnati alle SS. Altre esecuzioni ebbero poi luogo, con le stesse modalità, il 20 febbraio, l’1, il 2, il 16 e il 21 marzo, per un totale di 94 vittime accertate. Il 16 marzo furono fucilati a San Ruffillo i partigiani imolesi Otello Cardelli, Ugo Coralli, Zelino Frascari, Armando Gardi, Vladimiro Gollini, Valter Grandi, Enea Loreti, Rocco Marabini, Angelo Volta e Vittorio Zotti. Esecuzioni che continueranno anche in aprile, ma in altri luoghi.
Gli eccidi avvenuti segretamente rimarranno ignoti fino alla fine della guerra. Sarà solo all’inizio del maggio 1945, infatti, che dalla terra sconquassata da ulteriori bombardamenti effettuati dagli alleati ad aprile, durante l’offensiva finale, che i corpi delle vittime cominciarono a riemergere.